Un nuovo studio mette a confronto differenti metodi di estrazione dei principi attivi della cannabis per comprendere meglio quali processi permettano di mantenere integro il profilo di cannabinoidi e terpeni che determina la maggiore efficacia terapeutica. Il lavoro è stato pubblicato dai ricercatori Luigi Romano dell’Università di Siena e Arno Hazekamp dell’Università di Leiden in Olanda in uno studio titolato “Cannabis Oil: chemical evaluation of an upcoming cannabis-based medicine”.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi documenti sui diversi metodi di estrazione, ma nessuno ha poi messo a confronto la composizione chimica dei differenti prodotti. In questo studio un’unica varietà di cannabis, utilizzata per produrre il Bedrocan, è stata scelta per estrarre i principi attivi con alcuni solventi non polari come etanolo, nafta, etere di petrolio e olio di oliva. La ricerca cita inevitabilmente il metodo Rick Simpson, ad oggi il più conosciuto, che prevede l’utilizzo di nafta o etere ma non indica quale dei differenti tipi disponibili in commercio sia più efficace e sicuro.
I ricercatori hanno ricavato estratti di cannabis applicando i protocolli di estrazione più popolari e reperibili in internet, eseguendo però le diverse fasi del processo con un rigore scientifico impossibile da ottenere in ambiente domestico. Si è analizzata la fase di decarbossilazione, nota per convertire i precursori THCA e CBDA nei cannabinoidi più efficaci dal punto di vista terapeutico THC e CBD. Gli scienziati rilevano che la decarbossilazione aumenta la potenza dei cannabinoidi ma causa evaporazione o degrado dei terpeni che contribuiscono all’effetto terapeutico complessivo. Dopo aver rilevato che anche una breve carbossilazione per riscaldamento comprometteva gravemente il profilo terpenico, i ricercatori hanno abbandonato questa fase preliminare all’estrazione.
I risultati sono interessanti: la nafta è risultato il solvente più dannoso per la preservazione dei terpeni, mentre l’etere, chimicamente molto simile, ha permesso di mantenere una maggiore integrità. L’olio di oliva è risultato il solvente in grado di estrarre e conservare il maggior numero di terpeni, grazie alla sua alta non-polarità e scarsa volatilità. Gli estratti ricavati da solventi chimici sono stati analizzati per verificarne i residui e i risultati hanno mostrato alte percentuali di idrocarburi del petrolio. Nel caso della nafta, la quantità di residui chimici era equivalente a quella dei terpeni. Gli estratti in laboratorio sono stati confrontati con un campione di Rick’s Simpson Oil prodotto artigianalmente e nei diversi prodotti si sono rilevate le stesse quantità di residui chimici.
Le conclusioni della ricerca appaiono parzialmente in contrasto con le indicazioni di Rick Simpson per quanto riguarda i residui di solventi e gli scienziati consigliano quindi l’utilizzo di etanolo o di olio di oliva. Inoltre, qualsiasi evaporazione del semilavorato compromette seriamente il profilo terpenico, e quindi mina alla base il concetto olistico di cura con la pianta piuttosto che con i cannabinoidi sintetici. L’utilizzo di olio di oliva evita la fase di evaporazione ma non permette di ottenere le più alte concentrazioni, costringendo i pazienti ad assumere oralmente o per via topica una maggiore quantità di medicinale.
Stefano Mariani