"Se l'uso della cannabis si perde nella storia dell'umanità, scienziati e medici non hanno il diritto di saperne di più?". E' la domanda che si sono fatti all'American Association for the Advancement of Science (Aaas, organizzazione che pubblica la rivista Science) nell'organizzare il proprio meeting annuale.
E così tre importanti esperti sono stati chiamati a fare il punto su quello che sa oggi la scienza sugli effettimedici della cannabis, quanto resta da scoprire, e quali siano i problemi che rallentano gli studi in questo campo. Ecco i punti principali emersi nel corso del loro intervento.
COME FUNZIONA LA CANNABIS. “Nel nostro organismo esistono naturalmente delle sostanze chimiche simili al Thc (il principio attivo della cannabis, ndr.) e ad altri cannabinoidi presenti all’interno della cannabis”, ha spiegato Roger Pertwee, neurofarmacologo della UniversityofAberdeen. I cannabinoidi (sia quelli prodotti dal nostro organismo, sia quelli che introduciamo con la cannabis) agiscono su un particolare tipo di recettori nel nostro cervello che fanno parte del cosiddetto sistemaendocannabinoide, la cui attivazione regola funzioni come l’appetito, l’umore, la memoria e il dolore. Fino ad oggi sono stati scoperti 104 diversi tipi di cannabinoidi, ma come ha sottolineato Pertwee: “le caratteristiche farmacologiche di molte di queste sostanze sono ancora sconosciute”.
QUALI UTILIZZI MEDICI. Da decenni la cannabis viene utilizzata per stimolarel’appetito e tenere a bada nausea e vomito, in particolare in pazienti sottoposti a chemioterapia. La sostanza ha mostrato inoltre di alleviare i sintomi della sclerosimultipla, scoperta che ha portato allo sviluppo di un farmaco chiamato Sativex, che contiene Thc e Cbd, una particolare cannabinoide che non presenta effettipsicoattivi. La cannabis e i farmaci da essa derivati sembrano inoltre efficaci nel trattamentodi ansia, depressione, disturbo da stressposttraumatico, epilessia e doloreneuropatico. Gli indizi, hanno spiegato gli esperti,per ora in questi casi sono principalmente di tipo aneddotico, e attendono quindi di essere confermati da veri e propri trialclinici. “Attualmente abbiamo troppi pochi dati per realizzare delle linee guida efficaci per la prescrizione della cannabis in molte patologie”, ha sottolineato MarkWare, medico del McGill University Health Center e organizzatore della conferenza.
PERCHE' POCHI STUDI CLINICI? “Negli Stati Uniti, per lo meno, è difficile trovare i fondi necessari per portare avanti gli studi clinici sugli effetti della cannabis”, ha spiegato il terzo relatore, IgorGrant, psichiatra della University of California di San Diego, tra i pochi scienziati che ha portato avanti trial con questa sostanza. Secondo Grant, uno dei motivi principali è che le aziendefarmaceutiche preferiscono investirenello sviluppo di sostanze che possono essere brevettate, mentre il governo classifica ancora la cannabis come sostanza dannosa e priva di effetti medici positivi, creando non poche difficoltà ai ricercatori che intendono studiarne gli effetti sulla salute.
QUALI I POSSIBILI RISCHI. “Non esiste alcuna prova di danni a lungo termine negli adulti”, ha sottolineato Grant. In passato si era parlato di un possibile legame tra l’uso di cannabis e un aumento di rischio di sviluppare schizofrenia, ma studi successivi non avrebbero confermato questi risultati. L’unico rischio conosciuto nell’adulto, spiega lo psichiatra, riguarda dunque la bronchitecronica. Differente invece la situazione tra i più giovani. Uno studio avrebbe infatti dimostrato che un forte utilizzo della sostanza nell’adolescenza sarebbe collegato ad un minorequozienteintellettivo in età adulta (il numero di persone coinvolto nella ricerca sarebbe però estremamente limitato). Gli studi più recenti si starebbero concentrando invece sull’imaging del cervello degli adolescenti, per scoprire in che modo la sostanza modifichi l’attivitàcerebrale di un sistema nervoso ancora in formazione. Si tratta però di ricerche ancora nelle prime fasi, e, come spiega Grant: “Le evidenze raccolte al momento sono ancora estremamente deboli”.
Redazione Cannabisterapeutica.info