L’uomo nella foto accanto si chiama Raphael Mechoulam ed è l’84enne scienziato israeliano nato a Sofia nel 1930 che ha scoperto il THC quasi 50 anni fa. Ha già un dottorato, ma a fine 2013 ne ha ricevuto uno ad honorem dalla commissione della Ben-Gurion University per gli alti meriti nella ricerca scientifica sui cannabinoidi durante tutta la sua carriera.
"Nel profondo apprezzamento di un eminente scienziato – hanno spiegato durante il conferimento del dottorato – che studia la chimica dei materiali di origine vegetale e le loro funzioni medicinali, uno scopritore del principio attivo nella pianta di cannabis, il tetraidrocannabinolo, e cannabinoidi endogeni nel cervello umano, la cui ricerca innovativa ha stabilito la fondazione per la ricerca dei cannabinoidi a livello globale; In riconoscimento di un ricercatore poliedrico il cui lavoro comprende sia ricerca di base, sia applicata, e spazia dall’analisi chimica dei prodotti naturali per i loro effetti psico-fisiologici sul corpo umano, alla scoperta dei recettori e dei materiali nel cervello umano per lo sviluppo di terapie per le malattie croniche e l’alleviamento della sofferenza".
Il regista israeliano Zach Klein ha registrato l’evento per inserirlo in un documentario sul dottor Mechoulam sul quale sta lavorando e che sarà chiamato “The Scientist”. Il dottor Mechoulam è ampiamente riconosciuto come il padre della ricerca cannabinoidi e ha ricevuto molti premi prestigiosi per il suo lavoro, come preso atto dalla commissione, tra i quali il Premio Israeliano per la Chimica.
Dopo aver sintetizzato per primo il THC nel 1964, il dottore ha dedicato il resto della sua carriera allo studio della cannabis e dei suoi vari usi medici. Arrivando a pubblicare quasi 400 studi scientifici, 200 dei quali proprio sui cannabinoidi. Nel 1982 è diventata celebre una sua tesi che sostiene che se la cannabis fosse legale, sostituirebbe immediatamente il 10-20% di tutti i medicinali farmaceutici. Il laboratorio del dottor Mechoulam è stato protagonista di un’altra scoperta storica nel 1992, quando uno dei suoi colleghi è diventato il primo a scoprire una sostanza chimica simile al THC presente nel cervello umano che si chiama anandamide.
Nonostante i tentativi arrivati da più parti per offuscare la sua ricerca, anche l’ US National Institute on Drug Abuse (NIDA), gli ha dato il suo riconoscimento, dando al dottore il premio Discovery nel 2011 per il suo «straordinario lavoro nelle neuroscienze».
Oggi, il dottor Mechoulam continua a lavorare a favore della ricerca sulla marijuana in medicina in Israele, dove la cannabis a livello terapeutico è legale ma ancora molto dibattuta. Dopo qualche mail andata a vuoto siamo riusciti a contattarlo ecco qui sotto la nostra chiacchierata a distanza.
Lei che è considerato il padre della ricerca sui cannabinoidi, come considera il futuro della ricerca sulla cannabis terapeutica?
Molto probabilmente la cannabis terapeutica con vari rapporti di CBD/THC sarà una soluzione valida per molto tempo. Anche varietà mediche con terpeni meglio definiti diventeranno prodotti commerciali. Parallelamente anche il CBD puro sarà sul mercato e poco dopo composti sintetici di CBD saranno introdotti dalle compagnie farmaceutiche e probabilmente anche agonisti sintetici dei recettori CB2, che non si legano ai recettori CB1 e quindi non sono psicoattivi, ma hanno un effetto potente sui recettori CB2.
Quando ha isolato per la prima volta il THC aveva idea del suo potenziale terapeutico?
Francamente non ne avevo idea!
Crede che debba essere ancora scoperto qualche cannabinoide importante?
Dubito che verranno scoperti nuovi importanti cannabinoidi vegetali. Molto probabilmente si scopriranno attività specifiche dei cannabinoidi cosiddetti “minori”.
Cosa può dirci riguardo alla ricerca sulla’"effetto entourage" della cannabis?
È stato dimostrato che il CBD condiziona l’effetto del THC, ma l’interazione con altri cannabinoidi non è stata studiata. È probabile che anche i terpeni presenti siano parte e causa dell’”effetto entourage”, ma, ancora una volta, non sono state effettuate ricerche in merito.
Da scienziato cosa ci può dire degli effetti della cannabis sulle emozioni?
Al giorno d’oggi non si conosce il motivo per cui una sostanza chimica – qualunque essa sia – causi dei cambiamenti emotivi. I cannabinoidi possono aiutare a regolare il rilascio di neurotrasmettitori (dopamina etc…), ma perché questa regolazione porta a cambiamenti emotivi? C’è un muro molto alto che separa la chimica e la biologia dalle emozioni, e in certi casi non ci sono strumenti che ci possano aiutare. Il THC e molti altri cannabinoidi hanno molti effetti bi-fasici. A basse dosi danno un effetto, a dosi elevate un altro, a volte addirittura opposto. Questo è certamente vero per la cognizione. Il meccanismo di questo effetto bifasico non è chiaro. È possibile che una dose bassa di THC si leghi ad un recettore cannabinoide, e a dosi più elevate si leghi anche ad altri recettori che portano ad effetti diversi.
Dopo aver dedicato la sua vita alla ricerca, oggi lavora ancora?
Sono stato autore di circa 400 pubblicazioni, scientifiche coprendo molti aspetti della chimica e degli effetti biologici dei prodotti naturali. Circa 250 di questi studi sono sui cannabinoidi. Ora lavoro in un piccolo laboratorio, con 2 o 3 studenti e 3 dottorandi in chimica part time. La maggior parte del mio lavoro lo svolgo in collaborazione con farmacologi e medici in Israele e all’estero.
Ha mai pensato di entrare in politica? E come vede il rapporto tra la medicina tradizionale e la cannabis?
No, dovrei essere matto per entrare in politica. Ma sono stato Rettore della mia Università molti anni fa e sono stato a capo della Divisione Scienze dell’Accademia delle Scienze di Israele. L'establishment medico è conservatore e fino a che i cannabinoidi non saranno stati sottoposti a studi clinici moderni dubito che vedremo la loro accettazione generale. Questo cambierà quando una grande azienda farmaceutica si presenterà con un cannabinoide che ha attraversato la strada moderna degli studi clinici.
Mario Catania
Pubblicato sulla rivista Cannabis terapeutica, n°3 – novembre/dicembre 2014