Come produrre correttamente un olio di cannabis senza tralasciare la componente dei terpeni
Le proprietà terapeutiche della pianta di Cannabis Sativa sono dovute al suo fitocomplesso, costituito non solo dai noti cannabinoidi ma anche da terpeni e flavonoidi. Tutte queste sostanze, agiscono in sinergia e contribuiscono a determinare l’attività biologica della pianta. Per questa ragione è fondamentale che nei processi di preparazione degli olii a base di cannabis si cerchi di preservare non solo i cannabinoidi ma anche gli altri componenti, in primis i terpeni, sostanze che contribuiscono notevolmente all’effetto terapeutico.
Facendo riferimento allo studio “Innovative methods for the preparation of Medical Cannabis oils with a high content of both Cannabinoids and Terpens”, pubblicato nel 2020 sul Journal of Pharmaceutical and Biomedical Analysis, vediamo come si possono preparare oli di cannabis preservando il fitocomplesso della pianta.
L’importanza del fitocomplesso
Il fitocomplesso della pianta di cannabis include numerose sostanze, addirittura più di 700. Le più note sono i cannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD) e i terpeni, composti volatili dalle proprietà antinfiammatorie e antibatteriche. L’effetto terapeutico della pianta, quindi le sue proprietà, sono proprio dovute all’azione sinergica di tutti componenti della cannabis (effetto entourage).
Sebbene i cannabinoidi siano i più studiati, studi scientifici hanno dimostrato come la lora azione risulti modulata e migliorata dalla presenza di tutti gli altri componenti del fitocomplesso, in particolare dai terpeni. Ecco perché, nella preparazione di un olio di cannabis è importante non solo estrarre i cannabinoidi ma anche preservare il più possibile la componente terpenica.
In letteratura, sono presenti numerosi metodi per la preparazione di oli, tuttavia la maggior parte di essi si concentra sulla resa finale di cannabinoidi tralasciando la componente terpenica. In particolare, la perdita di terpeni durante il processo estrattivo avviene a causa della fase di decarbossilazione, un processo che trasforma i cannabinoidi acidi (THCA e CBDA) nei composti neutri, quelli dotati di maggiore attività biologica. La perdita della componente terpenica avviene principalmente per opera delle alte temperature utilizzate per la decarbossilazione.
Lo studio e i metodi di estrazione esaminati
Lo studio “Innovative methods for the preparation of Medical Cannabis oils with a high content of both Cannabinoids and Terpens”, aveva come obiettivo quello di caratterizzare chimicamente olii di cannabis terapeutica ottenuti con differenti metodiche di estrazione per poi sviluppare una metodica innovativa con rese efficienti sia di cannabinoidi che di terpeni.
La varietà di cannabis utilizzata come materiale di partenza per l’estrazione è stata l’olandese Bedrocan caratterizzata da un contenuto di CBD inferiore all’1% e di THC del 22%.
È stata utilizzata la cromatografia liquida ad alta prestazione con rivelatore ad elettrospray associata a spettrometria di massa (HPLC-ESI-MS/MS) per analizzare il contenuto finale di cannabinoidi, mentre la componente terpenica è stata analizzata con gascromatografia associata a spettrometria di massa (GC-MS) o associata ad un rivelatore a ionizzazione di fiamma (GC-FID).
Risultati e conclusioni
Dallo studio è emerso come siano fondamentali le condizioni di decarbossilazione per preservare o meno la componente terpenica durante la preparazione dell’olio di cannabis. Senza dubbio, il preriscaldamento del materiale vegetale di partenza aumenta la resa in THC rispetto al composto acido THCA tuttavia è stato dimostrato che condizioni spinte (come 145°C) portano ad un prodotto finale quasi privo di terpeni. A condizioni di temperatura più blande (115°C) invece, la componente terpenica si mantiene.
I migliori risultati in termini di cannabinoidi e terpeni sono stati ottenuti attraverso i seguenti passaggi:
- Preparazione dell’infiorescenza micronizzata e non grindata (particelle più piccole infatti forniscono una resa estrattiva migliore).
- Decarbossilazione a temperature moderate in sistema chiuso (in pallone con tappo ermetico) delle infiorescenze, per intrappolare i vapori e gas che andranno poi ricondensati per recuperare il contenuto.
- Estrazione in etanolo a -20°C di una parte di infiorescenze (solitamente il 20% del totale).
- Evaporazione dell’etanolo tramite rotavapor per ottenere una “resina” (più correttamente: estratto alcolico con evaporazione totale del solvente) da utilizzare.
- Estrazione diretta a temperatura ambiente in olio extravergine di oliva della restante parte di infiorescenze, eventualmente con l’aiuto di ultrasuoni.
Variando la quota inserita di resina secondo necessità è possibile ottenere un olio standardizzato, cioè ad una concentrazione fissa e costante.
Il metodo messo a punto prevedeva l’utilizzo dell’olio extravergine di oliva per l’estrazione di cannabis o CBD; tuttavia, si potrebbero utilizzare anche altri oli come ad esempio quello di trigliceridi a media catena (MCT) o quello di canapa.
Per concludere, con questa metodica di estrazione, che si differenzia dai metodi sviluppati finora per estrare i principi attivi della cannabis, è possibile ottenere oli di cannabis ad alto contenuto di terpeni, caratteristiche che può rappresentare un valore aggiunto per migliorare l’efficacia terapeutica degli estratti di cannabis.