I farmaci allosterici risultano più efficaci e riducono al minimo gli effetti avversi tipici dei principi attivi agonisti dei diversi nostri recettori. Queste molecole agiscono su “bersagli” biochimici differenti rispetto a quelli sperimentati finora dai farmaci. Un recente studio dimostra come il CBD si comporti da modulatore farmacologico allosterico.
Un principio attivo allosterico è un attivatore o inibitore enzimatico che ha un effetto in una sede diversa dal sito attivo dell'enzima: si lega quindi ai nostri recettori in zone differenti da quelle interessate dalla molecola caratteristica di ciascun tipo di recettore. Si tratta di un modulatore allosterico positivo se ha un effetto di tipo facilitatorio sulla funzione originale e biologica del recettore stesso, negativo se l’effetto è di tipo inibitorio sulla funzione biologica del recettore. Un modulatore allosterico che agisce sulle cellule neuronali può avere la capacità di trattare condizioni e disordini del sistema nervoso centrale evitando gli effetti avversi solitamente derivati da agonismo o antagonismo ortosterico sui recettori biochimici. Questa caratteristica può essere sfruttata da farmaci di nuova generazione meno invasivi e più selettivi rispetto ai farmaci ortosterici.
È noto che CBD, THC e gli altri cannabinoidi si legano ai recettori CB1 e CB2 del nostro sistema endocannabinoide. Il cannabidiolo agisce sui recettori CB2 modulando fra l’altro alcuni effetti psicotropi del THC. Tramite la sua azione sul recettore CB2, il cannabidiolo è antagonista di sostanze agoniste sul recettore CB1, presente in prevalenza nel sistema nervoso centrale.
Sappiamo che il ligando THC agisce come agonista sul recettore CB1. Un recente studio della Dalhousie University di Halifax evidenzia che anche il CBD è in grado di legarsi al recettore CB1, in una zona biochimica diversa da quella dove si lega il THC, ma capace di modificare la sensibilità del CB1. Lo studio dimostra che il CBD può inibire agonisti cannabinoidi come THC con un’azione allosterica dei recettori CB1. Gli esperimenti sono compiuti in vitro su cellule neuronali. Il cannabidiolo si è comportato quindi come un modulatore allosterico negativo sul CB1. Quest’attività si aggiunge al conosciuto agonismo del CBD sui recettori CB2. Secondo i ricercatori, i risultati di questi esperimenti contribuiscono a spiegare gli effetti in vivo del CBD e a comprenderne le potenzialità terapeutiche.
Stefano Mariani