L'Organizzazione delle Nazioni Unite si prepara a normare il CBD in un vertice dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che si terrà a novembre a Ginevra. Anche gli Stati Uniti sono firmatari della Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971, che prevede che chi ha informazioni su una sostanza sulla quale si pensa che siano necessari controlli internazionali per la salute e la sicurezza pubblica (o cambiamenti in tali controlli), le debba notificare al segretario generale delle Nazioni Unite fornire con informazioni a sostegno del loro parere.
Per questo motivo l'FDA americana, dopo aver dichiarato che il CBD "ha effetti benefici", ha chiesto ai cittadini di postare su un sito governativo, le proprie conoscenze o esperienze avute con tale sostanza.
Le proprietà terapeutiche del CBD, cannabinoide non psicoattivo contenuto nella cannabis, sono infatti al centro della ricerca scientifica soprattutto per le sue capacità anti-convulsivanti nel trattamento di forme di epilessia farmaco resistente. Attualmente l'FDA ha inserito il CBD in tabella I, cioè quella delle sostanze psicoattive vietate a cui non è riconosciuta alcuna proprietà terapeutica. Mentre di recente il cannabinoide è stato registrato in Gran Bretagna come principio attivo farmacologico. In Italia c'è un documento del 2008 firmato dall'allora dirigente dell'Ufficio centrale stupefacenti del ministero della Salute, che spiegava come da noi il CBD fosse un componente con riconosciuta attività farmacologica ma che non era inserito in tabella I, quella della sostanze stupefacenti, senza specificare altro. Da sottolineare come in Europa l'unico farmaco registrato a base di cannabis sia il Sativex, che tra i suoi principi attivi ha anche il CBD.
Nonostante l'apertura del commissario dell'FDA Anna K. Abram, che ha riconosciuto che: "Il CBD ha dimostrato di essere efficace in diversi disturbi neurologici, inclusi quelli epilettici", i ricercatori americani non sanno cosa aspettarsi. La dottoressa Amanda Reiman, ricercatrice di lungo corso e membro del direttivo della International Cannabis Farmers Association, prevede il peggio: "Vorrei essere più fiduciosa sul fatto che sia un segno di come il governo federale si stia avvicinando definitivamente al valore medicinale della cannabis", ha detto la dottoressa Reiman, aggiungendo che è contenta della discussione ma che ha paura di ciò che potrò accadere: "Perché hanno capito come rendere un farmaco il CBD e stanno cercando un modo per spostarlo dal mercato illecito a quello farmaceutico. Detto questo, tutti dovrebbero avere accesso al CBD, sia che si tratti di una pillola o di una pianta".
Secondo Paul Armentano, il direttore di NORML, "data la lunga politicizzazione della cannabis, non mi sorprenderei se i partecipanti a questa decisione mantenessero la loro posizione", ha affermato.
L'OMS stesso intanto sta facendo circolare un'indagine per raccogliere gli input delle aziende interessate in Europa. L'EIHA (European Industrial Hemp Association) ha scritto ai membri interessati per incoraggiarli a partecipare all'indagine e sta raccogliendo materiale di supporto. Il comitato dell'EIHA e la Fondazione parigina per gli approcci alternativi alla dipendenza (FAAAT), sono in prima linea nel tentativo di influenzare positivamente la decisione dell'ONU.
Intanto, oltre al CBD, le Nazioni Unite si apprestano a decidere anche su altre 16 sostanze psicoattive tra le quali 6 diversi tipi di oppiacei sintetici, 5 agonisti dei cannabinoidi sintetici (del tipo K2 e Spice) e la ketamina. L'ONU ha combattuto per anni con la ketamina, avendo precedentemente riesaminato il suo status nel 2006, nel 2012 e nel 2014. Nel 2015 un'organizzazione delle Nazioni Unite ha deciso di posticipare una proposta per mettere la chetamina in tabella IV.
Si tratta di una sostanza per la quale attualmente non sono previsti sotto controlli internazionali e la sua utilità come antidepressivo è al centro di diverse ricerche scientifiche. La scorsa settimana la rivista Time ha pubblicato una storia di copertina sulla ketamina annunciando il suo potenziale come farmaco innovativo.
Mario Catania