“Non sono punibili la coltivazione per uso personale di cannabis indica e la cessione a terzi di piccoli quantitativi destinati al consumo immediato, salvo che il destinatario non sia un minore”. E’ con questa piccola norma, da inserire all’articolo 73 del testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti, che 28 parlamentari, 26 deputati di Sel e due onorevoli del Pd, chiedono la legalizzazione della Cannabis domestica e la rottura dell’equiparazione del trattamento sanzionatorio per l’uso di diverse tipologie di droghe, introdotta nel 2006.
La proposta di legge in questione (la n. 1203) è stata presentato alla Camera il 14 giugno scorso. Il 21 giugno è poi stato assegnato alla Commissione Giustizia di Montecitorio. Il promotore è Daniele Farina. Tra i firmatari anche i Democratici Michela Marzano e Ivan Scalfarotto. La proposta – come spiega la relazione che accompagna gli articoli – esclude la “punibilità della coltivazione ‘domestica’ di cannabis, destinata all’uso personale o ceduta a terzi per il consumo immediato” e, nello stesso tempo, differenzia le “pene per i diversi tipi di sostanze, aggiungendo un’autonoma figura di reato”. L’obiettivo è dunque chiaro: “definire un principio sia di individuazione che di graduazione del diverso livello di pericolosità dei comportamenti definiti ed accolti come illeciti”. Insomma: muoversi nella direzione opposta rispetto a quanto stabilito finora. Le modifiche al testo unico hanno mostrato alla prova del tempo – scrivono ancora i deputati – “evidenti limiti di efficacia e palesi irrazionalità”. Con le modifiche del 2006 – rilevano – “è stato equiparato il trattamento sanzionatorio per le ipotesi illecite penalmente rilevanti, a prescindere dalla tipologia di stupefacente, fatto che, anche alla luce dei risultati conseguiti, appare privo di qualunque motivazione razionale”.
La proposta di legge segue di mesi e anni diverse sentenze di tribunale che hanno già assolto imputati scoperti in possesso di piantine di marijuana coltivate in casa e destinate all’uso personale. Nel 2011 ad esempio, una sentenza della Corte di cassazione ha confermato la decisione di un gup che aveva ritenuto la coltivazione di una sola piantina non idonea a porre in pericolo il bene della salute pubblica o della sicurezza pubblica. Ma, ovviamente, in caso di approvazione del nuovo ddl, che – è bene precisarlo – resta comunque iniaziativa di una minoranza parlamentare, verrebbero marcato chiaramente il confine tra punibilità e non, attribuendo maggiori libertà a piccoli coltivatori e assuntori domestici.
A sostegno del proprio piano l’opinione diffusa che le politiche di ‘War on drugs’ siano fallite. L’approccio repressivo – spiega il ddl – è anacronistico perché “in aperto contrasto con le tendenze legislative in atto negli Stati Uniti d’America, in molti Paesi del Centro e Sud America, nonché con le riflessioni in numerosi Paesi europei”. E, dalle nostre parti, il ricorso alle operazioni antidroga è stato davvero forte. Dalle relazioni annuali della Direzione centrale per i servizi antigroga del Ministero dell’Interno si scopre infatti che “in Italia, dal 2002 al 2011, vi è stato un aumento del numero di operazioni antidroga, certamente più evidente dal 2005 in poi”. “Nell’intero periodo, gli interventi delle Forze di polizia per i reati connessi all’hashish hanno subito un decremento, così come quelli relativi al contrasto dell’eroina; dopo un iniziale incremento, fino al 2005, la proporzione di operazioni relative alla cocaina, invece, è rimasta sostanzialmente stabile a fronte di un aumento di quelle relative a marijuana e piante di cannabis”. Sarebbe altalenante anche il trend delle persone denunciate per reati in violazione della legge sugli stupefacenti. Dal 2005 al 2011 essi sarebbero infatti aumentati da 31.636 a 36.796, a fronte di una tendenza alla diminuione registrata del 2002 al 2006.
Lo sforzo repressivo è ovviamente affiancato da un ingente impegno finanziario. Stando alla relazione annuale al Parlamento sui dati relativi allo stato delle tossicodipendenze in Italia redatta dal dipartimento per le Politiche antidroga relativa all’anno 2011 e primo semestre del 2012, i costi per le attività di contrasto ammontano, per il solo 2011, a circa 2 miliardi di euro, di cui il 48,2% per la detenzione, il 18,7% per le attività delle forze dell’ordine, il 32,6% per le attività di tribunali e prefetture.
Il dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere è riemerso ad inizio giugno in occasione di un sit in dei Radicali in Piazza Montecitorio, davanti alla sede della Camera. I militanti antiproibizionisti, guidati dalla ex deputata Rita Bernardini (nel 2008 eletta nelle liste Pd), hanno piantato semi di marijuana in piccoli vasetti in segno di protesta per il mancato interesse del Parlamento al tema della legalizzazione dell’uso terapeutico della cannabis. La manifestazione è stata interrotta anche dall’intervento dei poliziotti che hanno sequestrato materiale degli attivisti. Bernardini, da sempre attiva nella lotta per la depenalizzazione della cannabis domestica ha più volte pubblicato su Facebook foto delle sue piantine coltivate in casa. “E’nata”, ha scritto ad esempio sul social network poche settimane fa nella didascalia dell’immagine di foglioline appena spuntate. L’ex onorevole già la scorsa estate, in più di un’occasione, aveva raccontato, ancora su Facebook, la sua passione per le piante di marijuana curate in casa. Nel mese di novembre 2012 ha ceduto piccole quantità di cannabis per uso terapeutico ad alcuni malati di Sla presenti ad un sit-in nei pressi della Camera.
Della proposta radicale per l’approvvigionamento di canapa terapeutica si sono fatti carico in Parlamento il senatore Lucio Barani (leader nazionale del nuovo Psi, eletto nelle file del Pdl) e il deputato Pd Sandro Gozi. “Si tratta di una proposta – ci dice Gozi al telefono – che mira a garantire il diritto alla salute e la libertà di cura e collega quindi all’articolo 32 della Costituzione. Oggi ci sono malati di malattie gravi che potrebbero assumere cannabis per trarne effetto benefico e terapeutico, ma in realtà ci sono tutta una serie di barriere burocratiche e culturali che impediscono in concreto queste terapie”. “Per protestare contro questa situazione – continua l’onorevole – è stato creato in provincia di Lecce un Cannabis social club”.
“Oggi – spiega ancora Gozi – si devono importare farmaci dall’estero ad altissimo prezzo, addirittura 40 euro al grammo, o si va al mercato nero, dagli spacciatori. Vogliamo abbattere le barriere autorizzando coloro che sono malati, come i malati di sla, comunque tutte le persone autorizzate ad assumere cannabis a scopo terapeutico, alla coltivazione e alla detenzione. Vogliamo consentire la coltivazione legale e la detenzione di cannabis per uso terapeutico ai soggetti provvisti di prescrizione medica in relazione ovviamente alle particolari patologie”. L’iniziativa – conclude – “parte dalla battaglia che i radicali hanno portato avanti per lungo tempo, in particolare da Rita Bernardini. In questa legislatura ho ripreso molte loro proposte sui vari temi”. “Ci sono famiglie di malati che si lamentano con sofferenza per gli ostacoli burocratici che impediscono l’utilizzo della cannabis a scopo terapeutico, che allevia il dolore ed è molto utile nella terapia. Stiamo facendo soffrire molta gente a causa dell’ipocrisia e dell’assurdità di chi fa finta di non capire”. La battaglia continua.
Donato De Sena