Un gruppo di ricercatori israeliani dell’Università Bar-Ilan a Ramat-Gan ha dimostrato, in studi sperimentali, che il THC protegge i cardiomiociti dai danni causati dall’ipossia (carenza di ossigeno). Il cardiomiocita è la fibra muscolare striata situata nel cuore che consente la generazione e la trasmissione dell’impulso contrattile. Il pretrattamento con THC per 24 ore di culture di cardiomiociti ha impedito la fuoriuscita dell’LDH dalle cellule, normalmente provocato dall’ipossia.
La perdita di LDH (lattato- deidrogenasi) da parte delle cellule costituisce un segno di danno cellulare. L’effetto protettivo del THC risultava mediato dal recettore CB2. L’attivazione del recettore CB2 da parte del THC ha indotto la produzione di ossido di azoto (NO). L’ossido di azoto induce un rilassamento della muscolatura liscia dei vasi sanguigni, con conseguente dilatazione delle arteriole ed incremento del flusso ematico. E’ lo stesso meccanismo che sottende l’azione della nitroglicerina e di altri farmaci usati nel trattamento delle cardiopatie, dato che tali composti sono trasformati dal corpo in ossido nitrico.
I ricercatori hanno anche osservato che il THC “probabilmente pre-abitua i cardiomiociti alle situazioni di ipossia”. La loro conclusione è che la loro ricerca: “dimostra che il THC possiede effetti benefici sulle cellule cardiache e conferma la proponibilità della marijuana per specifici usi medici.”
Pubblicato su Dolce Vita n°44 - Gennaio/Febbraio 2013