La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum sulla cannabis, dando uno schiaffo in faccia a oltre 600mila cittadini che avevano firmato per esercitare il diritto di esprimersi su un tema così importante.
Con un colpo di spugna viene dunque cancellata una delle più grandi partecipazioni democratiche degli ultimi anni, che credevamo avessero reso chiaro a tutti l'urgenza di questo tema, anche alla luce della carenza cronica di cannabis che affligge i pazienti italiani.
Referendum cannabis inammissibile: le mafie ringraziano, persa un'occasione storica
“Si è persa l’unica occasione di cambiare le leggi sulle droghe che in questo Paese nessuno ha il coraggio di toccare. Nemmeno chi dice di voler riformare la giustizia”, dicono i membri del Comitato Promotore Referendum Cannabis Legale.
E aggiungono: “Questa non è una sconfitta nostra e delle centinaia di migliaia di cittadini e cittadine che hanno firmato la proposta. È altresì una sconfitta per le istituzioni. È un fallimento di una Corte che non riesce a garantire agli italiani un diritto costituzionale; di un Parlamento che da trenta anni non riesce ad adeguare le leggi sulle droghe alle esigenze della giustizia, della salute, della libertà dei cittadini. È un fallimento anche di istituzioni come la Presidenza della Camera di Roberto Fico che aveva preso l’impegno di calendarizzare le proposte di legge di iniziativa popolare e dunque anche quella sulla cannabis. È una sconfitta di quei partiti che avevano fatto campagna elettorale sulla legalizzazione dimenticandosene subito dopo. È una sconfitta anche dei grandi partiti progressisti che hanno messo la testa sotto la sabbia. A vincere oggi è lo status quo: a vincere è il monopolio della cannabis nelle mani delle mafie”.
Le motivazioni dell'inammissibilità del referendum sulla Cannabis
Riguardo le motivazioni il presidente della Consulta Giuliano Amato ha detto in conferenza stampa che: “”Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali”.
Secondo il comitato promotore, invece: "Le motivazioni addotte dal Presidente Amato e le modalità scelte per la comunicazione, sono intollerabili. Il quesito non viola nessuna convenzione internazionale tanto è vero che la coltivazione è stata decriminalizzata da molti paesi, ultimo tra questi Malta".
Ora bisognerà riorganizzarsi per riprendere la battaglia, tenendo ben presente che nei cassetti della Commissione giustizia, giace da mesi il disegno di legge, mai discusso, che depenalizzerebbe la coltivazione di cannabis ad uso personale.
Mario Catania