Secondo il Mirror "il governo americano ha deciso di appoggiare le rivelazioni sconvolgenti secondo le quali la cannabis uccide le cellule tumorali". In realtà non ha fatto altro che prendere finalmente in considerazione i numerosi studi effettuati in laboratorio e su cavie animali secondo i quali diversi cannabinoidi hanno la capacità di eliminare le cellule tumorali in diversi tipi di cancro, senza alcun effetto collaterale per quelle sane.
"I cannabinoidi – si legge in uno studio italiano del 2013 – sono una classe di lipidi bioattivi con un range di attività molto interessanti, tra le quali la capacità di ridurre la crescita dei tumori come il glioma, il cancro al seno, alla prostata, al colone alla pelle in diversi modelli animali. Agiscono inibendo la progressione tumorale a vari livelli: per apoptosi (forma di morte cellulare programmata), arresto del ciclo cellulare o autofagia, processo che ha il ruolo di liberare la cellula dalle proteine intracellulari mal impiegate o troppo vecchie, superflue o danneggiate, e dai microrganismi invasori, dando risposta per fornire nutrienti ed energia dopo l’esposizione a stress e sollecitazioni”, oltre, aggiungiamo noi, alla inibizione dell'angiogenesi, e cioè la formazione di vasi sanguigni che fanno crescere la massa tumorale, un processo dimostrato in altri studi scientifici.
Una data che fa da spartiacque in questo genere di studi è il febbraio del 2000, quando un team di ricercatori guidato dal dottor Manuel Guzman dimostra che il THC era stato in grado di eliminare il tumore incurabile al cervello in cavie da laboratorio. Il THC, iniettato direttamente nel tumore cerebrale di alcuni topi da laboratorio, eliminò i tumori in un terzo delle cavie trattate mentre un altro terzo di esse visse "significativamente più a lungo” di quelle a cui non era stato inoculato il THC, alcune fino a tre volte più a lungo. Lo studio fu pubblicato successivamente dalla rivista Nature. Le ricerche iniziate all'Università Complutense di Madrid da Guzman sono proseguite grazie alla dottoressa Cristina Sanchez che da anni si dedica alle potenzialità antitumorali dei cannabinoidi. In pochi sanno però che sono almeno 41 anni che si ha notizia di queste potenzialità. Era il 1974 quando i ricercatori del Medical College of Virginia, che era stato finanziato dal National Institute of Health per trovare le prove che la cananbis danneggiasse il sistema immunitario, ha scoperto invece che il THC aveva rallentato la crescita di tre tipi di cancro nei topi (al polmone, al seno e nella leucemia indotta da virus). Da ciò che riferisce Jack Herer nel libro "The Emperor wear no clothes" la DEA pose fine allo studio senza divulgarlo e nel 1976 e il presidente Gerald Ford ha messo fine a tutte le ricerche pubbliche sulla cannabis pubblico concedendo i diritti esclusivi alle grandi aziende farmaceutiche, che si proponevano di sviluppare forme sintetiche di cannabinoidi.
A proposito dell'attività antitumorali dei cannabinoidi oggi sul sito del governo americano si può leggere che: "Studi condotti su topi hanno dimostrato che i cannabinoidi possono inibire la crescita del tumore, provocando la morte delle cellule tumorali e stappandone la crescita, fermando inoltre lo sviluppo dei vasi sanguigni necessariai tumori per crescere. Studi di laboratorio e su animali hanno dimostrato che i cannabinoidi possono essere in grado di uccidere le cellule tumorali, proteggendo le cellule normali" o che: "Uno studio effettuato sui topi ha mostrato che i cannabinoidi possono proteggere contro l'infiammazione del colon e possono avere un potenziale nel ridurre il rischio di cancro al colon, ed eventualmente nel suo trattamento".
Ad ogni modo sul sito viene ricordato come secondo l'FDA (la Food and Drug Administration, agenzia federale del dipartimento della Salute Usa che supervisiona la sicurezza del cibo, del tabacco, dei farmaci, degli integratori alimentari e altri settori simili) la cannabis non sia un trattamento autorizzato per la cura del cancro, anche se al paragrafo successivo viene ricordato come due cannabinoidi sintetici (prodotti farmaceutici che cercano di riprodurre i cannabinoidi naturalmente contenuti nella cannabis) siano permessi come coadiuvante nella chemioterapia. Alcuni studi hanno infatti mostrato come l'utilizzo di cannabinoidi in caso di chemioterapia e radioterapia, possa portare a maggiori benefici di quelli ottenuti senza i cannabinoidi permettendo di ridurre notevolmente le dosi di chemio e radioterapia. E' da ricordare che di recente un ente per la ricerca del governo statunitense, il National Institute on Drug Abuse (NIDA) ha riconosciuto– senza fare troppo rumore – che la cannabis è in grado di sopprimere alcuni tipi di cellule cancerose e ridurre le dimensioni di altri generi di neoplasie.
Attualmente in Israele, probabilmente lo Stato al mondo in cui la ricerca sui cannabinoidi in medicina è più avanti in assoluto, è in corso il primo studio clinico, eseguito quindi su pazienti, per indagare il CBD (Cannabidiolo) come unico trattamento nei tumori solidi.
Tutto questo non significa automaticamente che la cannabis curi il cancro. Una risposta definitiva potrà venire solo da ripetuti studi clinici, sperando che quello israeliano sia solo un apripista. Sono numerosi gli specialisti, anche quelli a conoscenza delle doti terapeutiche della cannabis come ad esempio il dottor Lester Grinspoon, che consigliano la cannabis come coadiuvante nelle terapie oncologiche ad esempio per placare i dolori e stimolare l'appetito, ma la sconsigliano per affrontare la malattia in favore delle terapie tradizionali. E' anche vero che sono sempre di più le testimonianze di pazienti di tutto il mondo che asseriscono di essere guariti dal cancro grazie alla cannabis.
Mario Catania