Il cannabidiolo o CBD potrebbe essere utile nel trattamento della dipendenza da nicotina e oppiacei. È quanto emerge da una revisione sistematica condotta da un team di ricercatori dell’Hôpital Universitaire Paul Brousse dell’Université Paris-Saclay di Villejuif (Francia), della Facoltà di Medicina della Sorbona di Parigi e dell’Istituto di Psicologia dell’Università di Losanna (Svizzera). Ecco l’analisi nei dettagli.
Che cosa si intende con revisione sistematica
Una revisione sistematica (systematic review, in inglese) è uno studio di secondo livello, ossia una ricerca che, analizzando la letteratura scientifica disponibile, seleziona, valuta e riassume gli studi clinici pubblicati in precedenza. L’obiettivo finale è quello di fare chiarezza e di creare una sintesi accurata delle migliori evidenze scientifiche disponibili in merito a un particolare argomento.
In questo caso specifico, la revisione sistematica condotta dal team franco-svizzero è stata eseguita sfruttando il materiale disponibile nel database PubMed nel febbraio 2021. Per lo studio sono stati inclusi tutti gli articoli che valutavano gli effetti del CBD sui disturbi da uso di sostanze, per un totale di 40 studi (24 preclinici e 16 clinici).
La revisione, pubblicata nella sua versione più aggiornata nel maggio 2022, è intitolata “Cannabidiol in the context of substance use disorder treatment: A systematic review” ed è stata pubblicata su Addictive Behaviors.
Il CBD per trattare la dipendenza
Il cannabidiolo (noto anche come CBD) è un fitocannabinoide presente nella cannabis e la principale componente non psicoattiva della pianta. Già noto e ampiamente sfruttato a livello terapeutico per le sue proprietà anticonvulsivanti, antipsicotiche e ansiolitiche, il CBD è oggi sotto i riflettori per i benefici legati ai disturbi da uso di sostanze.
Proprio alla luce del crescente numero di studi pubblicati, il team franco-svizzero ha deciso di provare a offrire una panoramica completa sulle ricerche — condotte sia sugli animali che sull’uomo — in merito all’impatto del cannabidiolo su tali disturbi.
I risultati dello studio su CBD e dipendenza da sostanze
Dalla revisione è emerso che il CBD potrebbe offrire un potenziale terapeutico promettente per il trattamento dei disturbi da uso di sostanze; in primis, potrebbe portare alla diminuzione dei comportamenti di ricerca delle sostanze stesse.
Gli studi sugli animali, nello specifico, hanno mostrato un impatto positivo del CBD nel contesto dell'uso di alcol, oppiacei e metanfetamine. Diversi invece i risultati relativi ai benefici nei casi di uso di cocaina o cannabis: nel primo, i dati emersi sono contrastanti; nel secondo, sembra che il CBD non abbia alcun impatto sugli animali studiati. I ricercatori hanno infine sottolineato la mancanza di studi incentrati sull’impatto del CBD sull’uso di nicotina.
Gli studi sull'uomo, invece, hanno mostrato un impatto positivo del CBD nel contesto dell'uso di nicotina, cannabis e oppiacei; in particolare, il cannabidiolo sembra avere un’influenza positiva sulla frequenza e sulla quantità del consumo delle sostanze. Al contrario, nelle ricerche in merito al consumo di cocaina o alcool non è stato riscontrato alcun particolare effetto del CBD sui soggetti coinvolti. A differenza degli studi sugli animali, in questo caso non sono emersi documenti relativi all’impatto del CBD sull’uso di metanfetamine.
“Il CBD potrebbe offrire un potenziale terapeutico promettente per il trattamento dei disturbi da uso di sostanze, in particolare per i disturbi da uso di nicotina, cannabis e oppioidi, almeno sulla base degli studi umani disponibili”, hanno concluso i ricercatori. “Le prove di ricerca disponibili sono, tuttavia, scarse e saranno quindi necessarie ulteriori ricerche sugli esseri umani”.
Martina Sgorlon