Un nuovo studio identifica nel CBD una nuova arma per combattere la dipendenza da eroina. Ribaltando dunque il concetto che vede la cannabis come sostanza d'ingresso per l'uso di droghe pesanti, la ricerca continua indagare le possibilità della pianta e dei suoi derivati nell'agire come sostanza d'uscita.
Il nuovo studio scientifico è stato curato dai ricercatori di tre differenti dipartimenti della Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York insieme a quelli del Mount Sinai Beth Israel Hospital, sempre nella città americana è ha rivelato che il cannabionoide può ridurre l'ansia e l'astinenza dovute all'eroina.
E' un lavoro randomizzato in doppio cieco ed è stato effettuato su 42 pazienti che avevano in media assunto eroina per 13 anni, dei quali 15 hanno ricevuto un placebo, 14 pazienti 400 mg di CBD e 13 invece una dose di 800 mg di CBD.
Lo studio, pubblicato sul The American Journal of Psychiatry, ha valutato gli effetti acuti (1 ora, 2 ore e 24 ore), a breve termine (3 giorni consecutivi) e protratti della somministrazione di CBD, scoprendo che i benefici duravano anche sette giorni dopo la somministrazione.
"La somministrazione acuta di CBD, in contrasto con il placebo, ha ridotto significativamente sia il desiderio che l'ansia. Il CBD ha anche mostrato effetti protratti significativi su queste misure 7 giorni dopo l'assunzione". Non solo, perché il CBD ha ridotto i livelli di cortisolo (l'ormone dello stress). I ricercatori concludono che: "Non ci sono stati effetti significativi sulla cognizione e non ci sono stati effetti avversi gravi".
Yasmin Hurd, che ha guidato lo studio, ha spiegato alla CNN che: "Se riuscissimo a ottenere un farmaco capace di mitigare questi impulsi, a quel punto sarebbe conseguentemente ridotta la possibilità di ricadute e di overdose”, puntualizzando che: "Non dà dipendenza, non viene utilizzato a scopi ricreativi, non dà sballo, ma può ridurre il desiderio provocato da astinenza e gli stati d’ansia. Il CBD può realmente aiutare a salvare delle vite”.
In America e in Canada, dove si vive una vera e propria epidemia di oppiacei che causa migliaia di morti, la cannabis si sta rivelando utile in diversi modi. Sia perché se somministrata insieme a questo tipo di farmaci, permette di utilizzarne quantitativi più bassi migliorando comunque gli effetti, sia perché è in atto una sostituzione degli oppiacei con la cannabis nel trattamento del dolore.
I risultati forniscono una visione dei modelli dei pazienti sull’uso di cannabis terapeutica, e i conseguenti impatti auto-riportati sull’uso di oppioidi, alcol e altre sostanze, aggiungendo a una casistica crescente di ricerche accademiche che suggeriscono che con un maggiore accesso regolamentato alle cure mediche la cannabis può comportare una riduzione dell’uso e dei conseguenti danni associati a oppiacei, alcol, tabacco e altre sostanze.
Mario Catania