Il CBD si è rivelato efficace nella gestione del dolore resistente ai farmaci tradizionali in pazienti affetti da patologie complesse e diverse tra loro. È il risultato di uno studio retrospettivo italiano, che è stato svolto dal dottor Domenico Quattrone, specialista in Anestesia e Rianimazione presso il Centro di Terapia del Dolore del Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi Melacrino Morelli” di Reggio Calabria.
È un piccolo studio per il numero di pazienti presi in esame, ma che permette di fare passi avanti nella comprensione di come il cannabiniode ad oggi al centro della ricerca scientifica, sia sicuro ed efficace nel trattamento del dolore in diverse patologie.
10 pazienti ambulatoriali sono stati osservati in maniera retrospettiva, per 5 settimane. 6 sono di genere maschile e 4 di genere femminile, tutti maggiorenni, di età media (59.7 anni), con diagnosi accertata di dolore cronico da più di 6 mesi, dal livello moderato severo in su (NRS >6) e con diagnosi certa di dolore neuropatico (Score LANSS >12/24), refrattario ai trattamenti tradizionali.
Nella sperimentazione è stato utilizzato con diversi dosaggi CBD Act Forte Oil Gocce, prodotto dall’azienda Flower Pharm e donato per uso compassionevole per la sperimentazione. La produzione è controllata e certificata e il CBD purificato viene poi lavorato nei laboratori di Farmagalenica del dottor Marco Ternelli, con cui l’azienda collabora.
La sperimentazione pilota del CBD nel trattamento del dolore di Flower Pharm
“Abbiamo fatto partire delle sperimentazioni pilota in diversi centri di terapia del dolore in Italia, dando il prodotto per uso compassionevole e testandolo su diverse patologie inerenti il dolore cronico come la fibromialgia, il dolore talamico o quello cronico in oncologia con buoni risultati” sottolinea Antonio Cammera, biologo con 35 anni di esperienza nel settore farmaceutico, che è il responsabile scientifico di Flower Pharm, “e da lì abbiamo iniziato l’attività di informazione medica in vari centri in Italia e stiamo riscontrando risultati positivi in pazienti con casi clinici molto complessi. Oggi ci sono circa 150 pazienti in cura che utilizzano il nostro prodotto”.
Posologia ed efficacia dell'olio al CBD
Il passo avanti è stato fatto anche sulla posologia scegliendo l’olio dopo aver fatto i test necessari per capire quale concentrazione di CBD ci fosse in una singola goccia. “Abbiamo fatto una ricerca appropriata per adattare la posologia alle differenze condizioni cliniche dei pazienti. Ovvio che è tutto soggettivo, ma per una copertura nelle 24 ore noi abbiamo identificato una dose media minima di 60/80 mg al giorno, poi si può aumentare tenendo presente che una goccia contiene 8 mg di CBD”.
Mediamente all'inizio della terapia con CBD Act "la sua efficacia si evidenzia entro le 48/72 ore dalla somministrazione, tempo necessario per stimolare l'attività recettoriale. Nelle somministrazioni successive l'efficacia terapeutica avviene entro 20 minuti dall'assunzione per via sublinguale", sottolinea Cammera.
Lo studio raccontato dal dottor Domenico Quattrone
Per capire come sia andato lo studio ne abbiamo parlato direttamente con il dottor Domenico Quattrone. “I cannabinoidi e il CBD in particolare, stanno emergendo nel trattamento dei pazienti che hanno dolore tanto nel paziente oncoematologico, e soprattutto nel paziente cronico-degenerativo, perché questi ultimi sono persone afflitte da dolori che si portano dietro anche per decenni e i cannabinoidi, per le loro qualità, si stanno affermando come uno dei pochi farmaci realmente consigliabili nel trattamento a medio e lungo termine. Soprattutto le formulazioni prive di THC, che non hanno effetti psicotropi”.
Ed è il caso dello studio in oggetto, in cui sono stati analizzati pazienti rappresentativi delle patologie maggiormente trattate in relazione al dolore e quindi “pazienti affetti da dolore cronico oncologico, da dolore osteomioarticolare, quindi di natura cronico-degenerativa, e da rigidità correlata alla Sclerosi multipla, per saggiare come il CBD, nella formulazione CBD Act Forte in dosi progressive e facilmente titolabili, ha abbassato in tutti i pazienti l’intensità del dolore di almeno il 35%. Nei pazienti con dolore cronico-degenerativo la riduzione dell’intensità del dolore è stata prossima al 60%. Il paziente con spasticità ha riferito un significativo miglioramento della qualità di vita con maggiore rilassatezza e capacità di dormire la notte”.
Non solo, perché il prodotto in questione, secondo il medico, “sta mostrando un elevatissimo profilo di efficacia e un ampissimo margine di sicurezza perché è privo di importanti effetti collaterali”.
Il futuro della sperimentazione con il CBD
Sul futuro della sperimentazione il dottore spiega che: “Stiamo già andando avanti. Abbiamo esteso le indicazioni a tante altre forme di dolore, come quello degenerativo osteomioarticolare. Quindi, forse già all’inizio del 2021, l’obiettivo è quello di avere una pubblicazione in letteratura scientifica di questa esperienza”.
Una cosa da sottolineare è che questo tipo di trattamento secondo il medico copre ad ombrello le tre vulnerabilità di chi ha dolore: “La sofferenza e tutto ciò che comporta, la disabilità che ne consegue, e soprattutto la qualità di vita, perché posso gestire il dolore con grandi quantità di morfina per togliergli il dolore, ma rischio di privarlo delle capacità relazionali e di autonomia”.
Con una considerazione finale: “La popolazione cronica coincide con la popolazione più anziana, e più tempo passerà, più questa popolazione aumenterà. Insieme alla richiesta di terapie analgesiche, per un fatto demografico. L’auspicio è che l’industria farmaceutica, la sperimentazione e il sistema sanitario nazionale, attraverso i propri strumenti prendano sempre più conoscenza che è un problema che un domani potrebbe sommergerci tutti, generando costi sanitari e sociali da non sottovalutare”.
Insomma, tutti dati che fanno ben sperare per il futuro, ai quali si aggiungono quelli di uno studio recente che ha analizzato i cannabinoidi nella gestione del dolore per concludere che, a differenza degli oppiacei, in un utilizzo a lungo termine non cambiano la percezione del dolore.