Un recente studio australiano prende in esame un vasto campione di pazienti con dolori cronici ai quali è stato prescritto un trattamento con oppiacei. Gli obiettivi riguardano l’analisi delle modalità di assunzione contemporanea di cannabis e farmaci oppiacei, i suoi effetti su pazienti affetti da dolori cronici e le relazioni fra dati clinici e demografici. La ricerca fa parte di uno studio quadriennale cominciato nel 2012 intitolato “Findings from the Pain and Opioids IN Treatment” (POINT Study) e i gruppo di lavoro è composto da ricercatori di diverse università australiane, con in testa la University of New South Wales.
La ricerca sulle interazioni fra cannabis e oppiacei riguarda oltre 1500 persone alle quali sono stati prescritti farmaci per ridurre i sintomi dolorosi acuti e cronici di diverse patologie con esclusione del cancro. Un paziente su sei ha sperimentato cannabinoidi contro il dolore, mentre uno su quattro proverebbe questa terapia se la legge lo consentisse. Il campione di pazienti che ha assunto cannabis contro il dolore è mediamente più giovane, sofferente di una maggiore intensità del dolore, con una vita quotidiana fortemente compromessa dalla patologia e con un maggior numero di giorni all’anno nei quali risulta impossibile una normale attività a causa del dolore. Questi pazienti hanno ricevuto oppiacei per un periodo più lungo e a maggiori dosaggi, con un conseguente parziale rifiuto fisico e psicologico della terapia. Circa la metà del campione non aveva mai usato cannabis a scopi ricreativi e il 12% mostrava sintomi di disordini cognitivi e comportamentali a causa della terapia aggiuntiva con cannabis.
Lo studio dimostra come l’utilizzo dei derivati della cannabis per la riduzione del dolore cronico sia piuttosto diffuso fra i pazienti. La maggior parte del campione preso in esame riferisce di un maggiore beneficio rispetto all’assunzione dei soli farmaci oppiacei legalmente prescritti, come morfina, codeina e molecole similari.
Stefano Mariani