Pubblichiamo qui sotto un estratto dell'intervista al professor Giuseppe Cannazza, che potete trovare in versione integrale sul numero 84 di Dolce Vita magazine.
Gli ultimi traguardi sono stati quello di essere nominato come consulente scientifico dell’OMS prima del processo di revisione sulla cannabis terminato poco fa, e quello di aver identificato un nuovo cannabinoide. Non male per un ricercatore che ha iniziato a dedicarsi alla cannabis relativamente di recente e che, prima di “innamorarsi” di questa pianta, era scettico sull’utilizzo dei cosiddetti fitoterapici, e cioè i farmaci che derivano da piante e sostanze naturali. Giuseppe Cannazza è un ricercatore chimico che lavora presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia ed è uno di quegli studiosi italiani che stanno contribuendo a cambiare la visione della cannabis in medicina, anche se lui, davanti a questa definizione, si schermisce definendosi “soltanto un chimico farmaceutico che studia i cannabinoidi e in particolare la composizione chimica della cannabis”. Secondo Cannazza infatti, il problema con la cannabis è che mentre per tutti gli altri medicinali si parla in genere di un unico principio attivo, in questo caso non è possibile procedere in questo modo. “Ad esempio per l’oppio, si parla del principio attivo che causa analgesia cioè morfina. Nella cannabis la composizione chimica è estremamente variabile. Oggi per un medico dare la cannabis non significa niente perché esistono mille varietà, ciascuna con una composizione chimica e principi attivi specifici; non solo, perché anche in base al metodo di estrazione e della preparazione del galenico che viene somministrato al paziente, cambia completamente la composizione chimica che nella cannabis è stata studiata pochissimo; essendo la base, serve uno studio approfondito, perché si tratta della base da cui partire”.
La decisione dell’OMS di riclassificare la cannabis, che effetti potrà avere sulla cannabis in medicina in generale?
Avrà degli effetti importantissimi, si tratta della prima revisione scientifica della cannabis e nelle raccomandazioni è stato riconosciuto il suo valore medico. Questo implica che mentre prima era inserita non solo nella tabella I, e cioè quella delle sostanze potenzialmente pericolose, ma anche nella tabella IV della convenzione sugli stupefacenti del 1961, quella in cui sono poste tutte le sostanze che non hanno valore medico, se le raccomandazioni venissero accettate, la cannabis rimane in tabella I ma viene eliminata dalla tabella IV, con un valore medico indiscutibile. A marzo 2020 è prevista la votazione di oltre 50 paesi delle Nazioni Unite, che dovranno accettarle o meno.
Invece quando parla della composizione chimica della cannabis, si va al di là dei soli cannabinoidi, visto che contiene oltre 600 sostanze e ci sono varietà di cannabis che magari, anche se hanno lo stesso contenuto di un singolo cannabinoide, hanno degli effetti completamente diversi proprio per la sua composizione…
Certamente; mettiamo il caso di un medico che la prescrive a un paziente e vede che una varietà funziona e l’altra no, nonostante la stessa concentrazione di cannabinoidi principali come THC e CBD, e non c’è nessuno che gli dica che cosa c’è di diverso nei due campioni che ha somministrato: è difficile che il dottore riesca a risalire a qual è il principio attivo che dà l’effetto farmacologico.
Nel frattempo lei, insieme ad altri ricercatori ha identificato un nuovo cannabinoide…
La nostra attività di ricerca continua. Nel cannabidiolo (CBD) estratto dalla canapa c’era un’impurezza che, oltre a una piccola percentuale di cannabidivarina (CBDV), conteneva un altro cannabinoide che chiamavamo CBDC4, che però non era mai stato identificato. E così l’abbiamo identificato e battezzato con il nome cannabidibutol (CBDB) e pensiamo che ci sia anche il corrispondente, il THCB, tetraidrocannabutol, che stiamo identificando.
Ad oggi ne sono stati identificati circa 120, pensa che ce ne siano altri importanti da scoprire?
Molti di quelli ad oggi identificati, e c’è chi parla di 120 e chi di 146, sono artefatti, nel senso che sono dovuti a come vengono estratti. Se si estrae riscaldando e in presenza d’ossigeno, ad esempio, è possibile che ci siano fenomeni di ossidazione o altro, e quindi ci sono cannabinoidi che non sono prodotti dalla cannabis, ma dalla degradazione dei cannabinoidi stessi. Ad ogni modo è possibile che ci sia lo spazio per identificarne altri, anche perché possono esserci delle varietà che possono darci delle sorprese. Alcune varietà potrebbero avere dei cannabinoidi particolari.
Mario Catania