Cresce in Germania la domanda di cannabis per scopi medici e scientifici e con lei aumentano anche le importazioni. Ecco qual è l’attuale situazione tedesca e quali sono invece i limiti di quella italiana.
Importazioni di cannabis: la situazione in Germania
Secondo le ultime analisi condotte dal governo tedesco, la domanda di cannabis per scopi medici e scientifici all’interno dei confini nazionali continua ad aumentare e il Paese si rivolge sempre di più all’importazione dagli altri stati europei ed extraeuropei per rispondere alle necessità dei suoi cittadini. Nel 2021, è salito infatti da 15 a 17 il numero di Paesi ai quali la Germania si affida per le forniture di infiorescenze o derivati della cannabis; a guidare la classifica, con oltre 1000 kg ciascuno, ci sono Canada e Paesi Bassi, seguiti da Danimarca e Portogallo. Tra gli altri fornitori di infiorescenze anche Australia, Israele, Giamaica, Lesotho, Malta, Nuova Zelanda, Austria, Polonia, Svizzera, Spagna e Uruguay, mentre da Colombia e Macedonia del Nord arrivano solo estratti di cannabis.
Secondo i dati condivisi dal governo federale, nell’ultimo periodo, oltre al numero dei Paesi coinvolti nell’importazione, sono aumentate anche le stesse importazioni di infiorescenze per scopi medicinali, quasi raddoppiate nella prima metà del 2021 rispetto all’anno precedente. Nello specifico è stato registrato un +81,8% delle importazioni, passando dai 4946,3 kg di infiorescenze di Cannabis importate nel 2020 agli 8966,6 kg del 2021. Come affermato da Berlino, “nella stragrande maggioranza dei casi, i fiori e gli estratti di cannabis vengono importati in Germania direttamente dallo stato in cui avviene anche la coltivazione controllata. Solo in pochi singoli casi l'importazione in Germania avviene attraverso altri paesi in cui non avviene alcuna coltivazione", ma solo la lavorazione della materia prima.
Importazioni di cannabis: la situazione in Italia
In Italia la panoramica è differente. Il nostro Paese, infatti, da anni si trova ad affrontare una continua carenza di cannabis medica e non riesce a soddisfare le necessità dei numerosi pazienti che ne hanno bisogno, non garantendo in questo modo il diritto alle cure. Secondo una recente inchiesta nel 2020 sarebbero rimaste inevase il 44% delle richieste dei pazienti.
“Il motivo della costante insufficienza di cannabis terapeutica disponibile nel nostro paese va ricercato su vari fronti con il risultato che in alcuni periodi si manifesta anche come assenza totale di merce sul mercato italiano”, spiega Alessandro Pastorino, Amministratore Delegato di FL Group, realtà importatrice di cannabis parte di Tilray, azienda canadese dedita alla cannabis e tra le più grandi al mondo. “Innanzitutto bisogna evidenziare che quanto importato esclusivamente dall’Olanda sottostà a un vincolo quantitativo imposto dal ministero olandese stesso, il quale non intende esportare più di 900 kg/anno verso il nostro Paese; riteniamo, al contrario, che un mercato aperto possa consentire ai pazienti di avere accesso a prodotti diversi e di migliore qualità e questo è un aspetto molto rilevante. In Italia, invece, persiste un modello più simile al monopolio di Stato, incentrato sulla coltivazione, che rallenta l'offerta privata di questi prodotti nelle farmacie. Se le istituzioni vigilassero sull’industria, stabilendo gli standard per cui questi prodotti possono essere immessi sul mercato delle farmacie italiane, pensiamo che ci sarebbero aziende già pronte a renderli disponibili nel nostro Paese, risolvendo i problemi legati alla carenza. Le industrie e le istituzioni dovrebbero quindi collaborare per garantire che i trattamenti possano essere i più appropriati ed efficaci per i pazienti; questa è la cosa che conta di più”.
È in questo contesto che è nata la segnalazione all’Antitrust fatta da FL Group, per la quale si sta ancora aspettando una risposta definitiva e ufficiale. “L’Autorità Garante della Concorrenza ha ritenuto meritevole di approfondimenti la nostra segnalazione e ha chiesto formalmente dei chiarimenti al Ministero della Salute. Siamo in una fase di pre-istruttoria e non conosciamo quale possa essere stata la risposta del Ministero al momento. A nostro avviso, non ci sembra sussistano motivi di salute pubblica che possano giustificare questa esclusiva con l’Olanda, che, ripeto, è la prima causa di carenza di infiorescenze nel nostro Paese”, ha aggiunto Pastorino.
I dati e le previsioni per il futuro
In termini di dati, la fonte più autorevole è rappresentata dalle pubblicazioni dei dati ufficiali da parte del Ministero della Salute, come commentato da Alessandro Pastorino.
“Nell’anno 2020 si riscontra un’importazione totale di 880 kg, rispettivamente 665 kg da parte degli importatori e 215 da parte delle ASL sul territorio nazionale. Non è dato conoscere invece l’esatto quantitativo importato dallo Stabilimento Militare di Firenze, che comunque dovrebbe attestarsi, in base ai quantitativi di gara aggiudicati, intorno ai 200 kg. Ad ogni modo, nell’anno 2020, aggiungendo le importazioni dello SCFM, il totale importato nel nostro Paese si attesterebbe a circa 1 tonnellata a fronte di un fabbisogno di quasi 2 tonnellate. Il 2021 non è ancora consolidato, tuttavia il quantitativo importato dovrebbe attestarsi sugli stessi numeri del 2020, con la criticità, però, che per il nostro paese per l’anno in corso è stimato dall’INCB un quantitativo di quasi 3 tonnellate di cannabis terapeutica, aumentando il divario da 1 tonnellata a ben 2 tonnellate tra fabbisogno stimato e quanto invece è realmente messo a disposizione nel nostro paese”.
E per quanto riguarda le previsioni per il 2022? “Essendo scaduto il bando di import dello SCFM aggiudicato nel 2019, ci aspettiamo che vengano pubblicati a breve nuovi bandi di gara europei. Naturalmente di questo non possiamo che essere contenti e speriamo che nei bandi sia data adeguata attenzione alla qualità del prodotto e alle capacità logistico-distributive. Inoltre, sembra che finalmente ci sia anche l’intenzione del Ministero della Salute di valutare la commercializzazione di prodotti standardizzati, come gli oli. Anche questo sarebbe un processo positivo e molto interessante che darebbe un grande aiuto alla filiera, perché questi prodotti possono facilitare molto la produzione galenica. Infine, dalle ultime dichiarazioni apparse sulla stampa, pare che il Governo, sulla spinta del mondo agricolo, voglia intraprendere la possibilità che si possano avviare stabilimenti di produzione in Italia. Questa scelta, però, non ci sembra una priorità perché non risolverebbe le questioni urgenti legate alla carenza, e dall’altro, nel lungo periodo, esporrebbe le aziende a elevati costi di investimento in un mercato già oggi molto competitivo”.
Martina Sgorlon