Le associazioni di settore della canapa industriale annunciano il ricorso contro il nuovo decreto sul CBD
Mentre si avvicina la data in cui entrerà in vigore il decreto che vorrebbe inserire le preparazioni orali di CBD tra i medicinali stupefacenti (7 agosto), le associazioni di settore della canapa industriale hanno già annunciato che procederanno con i ricorsi.
In particolare Mattia Cusani di Canapa Sativa Italia ha spiegato a Dolce Vita che “lavoreremo in tutte le direzioni, portando perizie che analizzano i pareri dell’istituto Superiore di Sanità e del Consiglio Superiore di Sanità”, anticipando che: “Non ci sono prove su rischio d’abuso o effetto stupefacente, si basa ancora una volta sul principio di precauzione e quindi non si può limitare la circolazione nei paesi membri dell’Unione europea”.
Nuovo decreto, nuovo ricorso al Tar
Ed è molto simile alla posizione di Imprenditori Canapa Italia: “La nostra associazione si è opposta fermamente a questo decreto fin dal principio. Già l’anno scorso, siamo riusciti a bloccare un provvedimento simile grazie ad un’azione legale che ha portato alla sospensione del decreto del 1° ottobre 2020 e successivamente del decreto del 7 agosto 2023. La nostra battaglia è stata motivata dalla convinzione che tali misure restrittive siano ingiustificate e dannose per il settore. Annunciamo che ricorreremo nuovamente, se necessario, per proteggere gli interessi del settore e garantire che le normative siano basate su solide evidenze scientifiche”.
E quindi, quello che si profila all’orizzonte è una nuova sospensione del Tar che a quel punto dovrebbe fissare le date per il dibattimento e la futura sentenza sul caso.
Intanto, dopo aver evidenziato i problemi che i pazienti si troverebbero a dover affrontare, come il probabile aumento dei costi e il sicuro aumento delle difficoltà di accesso al prodotto – fermo restando che il CBD sarà comunque disponibile in farmacia dietro prescrizione medica - ne abbiamo parlato con un esperto commerciante di settore, che da anni propone linee di prodotti contenenti il cannabinoide non psicoattivo.
“Per noi è una situazione paradossale, perché non capiamo il motivo di delegittimare un’attività come la nostra, legale in Europa, che fa solo del bene, aiutando tante persone a migliorare il proprio tenore di vita”, ci racconta Nicola di Green Lady Bug.
Dal punto di vista economico “Per noi è una tragedia, visto che lavoriamo quasi esclusivamente con le oleoresine. Per assurdo siamo preoccupati di più per i pazienti, spesso mandati qui da medici e veterinari, che per noi. Tanti professionisti infatti consigliano i nostri prodotti, così come quelli di altri, perché funzionano. E per dare ulteriore testimonianza di quel che dico abbiamo preparato un documentario che diffonderemo a breve per aiutare ad aprire un po’ le menti su questo argomento”.
La speranza per Nicola “è che dopo quest’ennesima vicenda il governo prenda in mano la quesitone cannabis in tutte le sue sfaccettature, per fare finalmente chiarezza”.
“Siamo tornati al punto di partenza, e per noi è una situazione insostenibile, quindi ci fermiamo con la vendita di questi prodotti, anche se sappiamo di alti colleghi che procederanno conj le vendite di prodotti inquadrati a uso tecnico o a uso cosmetico (che non viene toccato dal decreto, nda). Riprenderemo, si spera, quando sarà tutto un po’ più chiaro. L’unione tra questo decreto e l’emendamento sulle infiorescenze, ha creato una confusione incredibile anche tra gli addetti ai lavori, figuriamoci ai non addetti. Ora servirebbe un po’ di chiarezza”.