Decreto cannabis: lettera aperta di LILA e Forum Droghe al ministro Lorenzin

Decreto cannabis: lettera aperta di LILA e Forum Droghe al ministro Lorenzin

lorenzinIl decreto approvato di recente dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha suscitato diverse polemiche tra i pazienti e gli esperti di settore. I rilievi principali che vengono mossi al decreto sono il fatto che viene appesantito il sistema burocratico per ottenere la ricetta a causa dell’obbligo di comunicazione alla ASL con indicazione del motivo di prescrizione, quando prima bastava un registro personale del medico, diventa estremamente difficile per le farmacie galeniche produrre estratti - molto utilizzati anche per la comodità nel dosaggio - perché le si obbliga ad esaminare ogni singolo preparato con costi molto alti, esclude diverse patologie per le quali ci sono studi scientifici accreditati e vieta di mettersi alla guida per almeno 24 ore dopo l’ultima assunzione quando nemmeno per la morfina è previsto una tale divieto scritto nero su bianco. Inoltre secondo i Radicali, che hanno annunciato di voler impugnare il decreto, l’allegato tecnico del decreto prevede una sorta di “monopolio fiorentino”, individuando lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze quale unico luogo in Italia di coltivazione e produzione della “sostanza attiva” nonostante associazioni come LapianTiamo, che si avvarrebbero della collaborazione di tecnici ed esperti e soggetti istituzionali come la regione Friuli e la Regione Piemonte, abbiano già manifestato la volontà di attivare dei progetti di coltivazione. Nei giorni scorsi il senatore Alfonso Ciampolillo del M5S aveva depositato un’interrogazione urgente al ministro della Salute.
Ora LILA (Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids) e Forum Droghe hanno inviato la lettera che trovate sotto, pubblicata da fuoriluogo.it, al ministro Lorenzin per chiedere la convocazione di un tavolo tecnico con le associazioni dei malati.

CONVOCAZIONE URGENTE DI UN TAVOLO TECNICO CON LE ASSOCIAZIONI DEI MALATI PER LA MODIFICA DEL DECRETO 9 NOVEMBRE 2015 DEL MINISTERO DELLA SALUTE

Apprendiamo con grande rammarico della pubblicazione nella GU del 30.11.2015 del Decreto del Ministero della Salute del 9 novembre 2015 (Funzioni di Organismo statale per la cannabis previsto dagli articoli 23 e 28 della convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, come modificata nel 1972) senza che sia intervenuta nessuna discussione con le associazioni dei malati, sebbene promessa. Infatti, nelle comunicazioni con il Ministero eravamo stati rassicurati del fatto che prima della pubblicazione del Decreto sarebbe stato organizzato con le associazioni dei malati un tavolo tecnico per integrare o modificare la Bozza di Decreto che lo stesso Ministero aveva inoltrato alle associazioni, ma così non è stato. LILA e Forum Droghe avrebbero voluto partecipare al primo tavolo di discussione sul riconoscimento del diritto di accesso alla cannabis terapeutica per esprimere le proprie perplessità e i profili di problematicità rilevati nella Bozza di Decreto.

In realtà, il Ministero della Salute non ha inteso convocare quel promesso tavolo di discussione con le associazioni dei malati che avrebbe potuto certamente condurre alla pubblicazione di un Decreto più rispettoso dei diritti fondamentali della persona. Non possiamo non rimarcare come, ancora una volta, venga emanato un Decreto sui malati senza ascoltare la loro voce, in spregio ai loro fondamentali diritti. Per questo chiediamo di essere immediatamente convocati, unitamente alle altre associazioni, per la modifica del suddetto Decreto. Com’è noto, infatti, l’uso medico della cannabis e dei suoi componenti ha una storia millenaria condivisa da diverse culture nel mondo. Verso la metà dell’ottocento si risveglia l’interesse dei medici e tra il 1840 e il 1900 vengono pubblicati in Europa e negli USA più di 100 articoli sugli usi medici della cannabis come potente narcotico, analgesico, sonnifero, per il trattamento delle convulsioni, la còrea, l’isteria, la depressione mentale, la pazzia, la dismenorrea e la menorragia (H.C.J Wood , William Osler, J.R Reynold). All’inizio del novecento l’uso medico della cannabis conosce una sempre maggiore diffusione, compare nelle farmacie europee ed americane e viene inserito nella farmacopea ufficiale. E’ altrettanto noto che la cannabis per ragioni economiche, commerciali e culturali – e non certamente mediche – fu inserita, nel 1937 negli USA, nella lista degli stupefacenti attraverso il Marihuana Tax Act e il suo uso, anche a scopo terapeutico, diventò così illegale. Ciò determinò, visti i rapporti di forza tra le potenze mondiali, che l’ONU nel 1961 classificò ufficialmente la cannabis come stupefacente con l’approvazione della prima Convenzione unica sugli Stupefacenti. Di conseguenza, l’utilizzo della cannabis come farmaco crollò notevolmente anche in Europa e le pubblicazioni scientifiche dedicate all’argomento scomparvero quasi del tutto nei decenni successivi.

La ripresa degli studi e delle ricerche dedicate alle potenzialità terapeutiche e all’uso medico della cannabis determinarono lo sviluppo e la commercializzazione nel 1985, negli USA, di un cannabinoide di sintesi, il Dronabinol o Marinol, cui seguì poi l’equivalente Nabilone in Gran Bretagna. Si pervenne così alla scoperta del sistema cannabinoide endogeno quale complesso sistema di comunicazione tra cellule, di grande importanza per il normale funzionamento dell’organismo. Le attuali conoscenze sul ruolo del sistema endocannabinoide in una serie di processi fisiologici e patologici e il potenziale effetto terapeutico dei cannabinoidi in una vasta gamma di patologie, sono frutto di un intenso lavoro di ricerca, sia sperimentale che clinica, svolto negli ultimi decenni. Il sistema endocannabinoide è coinvolto in un gran numero di processi fisiologici: la memoria e l’apprendimento, il controllo motorio, la percezione del dolore, la regolazione dell’equilibrio energetico, e l’assunzione di cibo (Ameri 1999, Di Marzo 1998). Più recentemente è stato dimostrato che il sistema endocannabinoide è correlato alle funzioni endocrine, alle risposte vascolari, alla modulazione del sistema immunitario, alla neuroprotezione (Correa et al. 2005, Van der Stelt & Di Marzo 2005, Wang et al. 2006, Idris et al. 2005, De Oliveira Alvares et al. 2006, Arenos et al. 2006, Mikics et al. 2006, Guindon et al. 2006). Alla luce di ciò, i potenziali campi di utilizzo terapeutico dei derivati della cannabis sono estremamente interessanti. L’allegato tecnico al Decreto in questione non tiene assolutamente conto delle suddette evidenze scientifiche. Si legge che l’uso medico della cannabis non può essere considerato una terapia propriamente detta bensì un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati o hanno provocato effetti secondari non tollerabili o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali. Al contrario, noi riteniamo necessario che si valuti l’opportunità di considerare l’uso della cannabis come valida alternativa terapeutica, da preferire, in molti casi, ai trattamenti tradizionali che spesso causano effetti secondari non tollerabili (es. farmaci antiepilettici, cortisonici, oncologici ecc.).

La cannabis va, perciò, considerata un farmaco che va utilizzato conseguentemente, così come prevede l’art. 32 Cost. che riconosce il diritto alla salute come diritto e libertà di essere, di disporre di sé e di autodeterminarsi rispetto al proprio corpo ed ai trattamenti sanitari che lo concernono. Di conseguenza, il diritto di scegliere il trattamento con cannabis costituisce un diritto inviolabile rientrante tra i valori supremi dell’individuo. Ancora, si legge: gli impieghi di cannabis ad uso medico riguardano:

1. L’analgesia in patologie che implicano spasticità associata a dolore (sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale) resistente alle terapie convenzionali;

2. L’analgesia nel dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neurogeno) in cui il trattamento con antinfiammatori non steroidei o con farmaci cortisonici o oppiodi si sia rilevato inefficace;

3. L’effetto anticinetosico ed antiemetico nella nausea e vomito, causati da chemioterapia, radioterapia, terapia per HIV che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali;

4. L’effetto stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa che non può essere ottenuto con trattamenti standard;

5. L’effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie convenzionali;

6. La riduzione dei movimenti involontari del corpo r facciali nella sindrome di gilled de la tourette che non può essere ottenuta con trattamenti standard. Noi, invece, riteniamo giusto estendere il diritto di accesso alla cannabis terapeutica a tutti quei malati che usandola trovano beneficio. Sarebbe più corretto, a nostro avviso, lasciare libertà di prescrizione al medico che opera, col consenso del malato, secondo scienza e coscienza.

Ad ogni buon conto, si sottolinea che negli USA la cannabis è approvata per oltre 40 indicazioni terapeutiche: cancer, glaucoma, positive status for human immunodeficiency virus (HIV), acquired immunodeficiency syndrome (AIDS), hepatitis C, amyotrophic lateral sclerosis, Crohn’s disease, agitation of Alzheimer’s disease, cachexia/wasting syndrome, muscular dystrophy, severe fibromyalgia, spinal cord disease (including but not limited to arachnoiditis), Tarlov cysts, hydromyelia syringomyelia, Rheumatoid arthritis, fibrous dysplasia, spinal cord injury, traumatic brain injury and post concussion syndrome, Multiple Sclerosis, Arnold-Chiari malformation and Syringomelia, Spinocerebellar Ataxia (SCA), Epilepsy, Parkinson’s Disease, Tourette Syndrome, Myoclonus, Dystonia, Reflex Sympathetic Dystrophy, RSD (Complex Regional Pain Syndromes Type I), Causalgia, CRPS (Complex Regional Pain Syndrome Type II), Neurofibromatosis, Chronic inflammatory Demyelinating Polyneuropathy, Chronic Inflammatory Demyelinating Polyneuropathy, Sjogren’s Syndrome, Lupus, Interstitial Cystitis, Myasthenia Gravis, Hydrocephalus, nail-patella syndrome or residual limb pain; or the treatment of these conditions. Chiediamo, dunque, l’estensione del diritto alla cura con cannabis a tutte le persone che vivono una delle suddette condizioni patologiche. Per ciò che concerne in particolare il diritto di accesso alla cannabis terapeutica da parte delle persone con infezione HIV/AIDS chiediamo – alla luce delle evidenze scientifiche sul ruolo immunomodulatorio dei cannabinoidi – che tale diritto, come negli USA, venga esteso a tutte le persone con infezione da HIV e non nei soli casi di nausea e vomito causate da terapie antiretrovirali o come stimolante dell’appetito. E ancora, riteniamo non scientificamente corrette le raccomandazioni inserite nel paragrafo relativo agli effetti collaterali. Se da una parte infatti si rileva che non ci sono informazioni in riferimento agli effetti avversi nel caso dell’uso medico della cannabis dall’altra parte individua le principali controindicazioni senza tuttavia indicare le necessarie evidenze scientifiche a supporto di quanto stabilito.

In particolare, considerare l’uso medico della cannabis principalmente controindicato nel caso di adolescenti e giovani adulti o di soggetti con epatite C o individui con una storia pregressa di tossicodipendenza e/o abuso di sostanze psicotrope e/o alcol svela più un approccio ideologico all’uso medico della cannabis che medico-scientifico. Si rammenta infatti che la cannabis è conosciuta per essere una sostanza relativamente benigna, tra le meno tossiche, con pochi rischi per la salute e nessun caso di decesso associato al suo uso. Oltre a ciò, riteniamo discriminatorio per la persona che fa uso medico della cannabis il divieto di guidare (e lavorare) per almeno 24 ore dopo l’ultima somministrazione. Alcuni studi dimostrano un’assenza di un incremento significativo del rischio di incidenti stradali. Inoltre, la specifica contenuta nel Decreto sull’impiego elettivo, per la somministrazione di cannabis, di vaporizzazione, tisane e infuso rispetto a preparati oleosi, tinture alcoliche, glicoalcoliche e macerati glicerici si pone in contrasto con la letteratura scientifica, non essendo possibile alcuna standardizzazione dei metodi di somministrazione per la variabilità della biodisponibilità dei farmaci cannabinoidi. Infine, stante l’attuale legislazione proibizionista sarebbe stato utile inserire una specifica causa di non punibilità, anche sotto il profilo amministrativo, per chi si procuri o disponga di cannabis a fini terapeutici. Si raccomanda ancora una volta al legislatore l’urgenza di valutare l’opportunità di provvedere alla regolamentazione dell’uso delle sostanze stupefacenti riconoscendo i diritti delle persone che fanno uso di sostanze a partire dal riconoscimento del diritto fondamentale della persona alla coltivazione, all’uso e al consumo di cannabis. I saperi e le esperienze dei malati che fanno o hanno fatto uso di cannabis costituiscono risorse collettive che il Ministro della Salute On. Beatrice Lorenzin dovrebbe riconoscere e valorizzare. I malati vogliono e devono essere interpellati e convolti nella costruzione delle politiche sanitarie.

Maria Stagnitta (Presidente Forum Droghe) e Massimo Oldrini (Presidente LILA Onlus – Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids)

27 gennaio 2016
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