A quattro anni e mezzo da quando la cannabis terapeutica è stata resa legale nel Regno Unito, un gruppo di eminenti scienziati si chiede perché i pazienti con dolore cronico, disturbo da stress post-traumatico e ansia - che potrebbero includere fino a 15 milioni di persone - non possano ancora accedere a questi farmaci legali senza costose prescrizioni private.
Gli stessi studiosi si chiedono anche se una grande quantità di prove sull'efficacia dei farmaci non venga ignorata, a causa di opinioni prevenute sulla cannabis e della paura di essere "morbidi con le droghe".
Ed è la stessa domanda che potremmo porci in Italia, dove l'incidenza del dolore cronico è molto simile nei numeri, compromettendo la vita di milioni di persone e con ritardi nelle diagnosi e nelle risposte cliniche che peggiorano ancor di più la qualità della vita, già bassa, delle persone che ne soffrono.
Dolore cronico, ansia, disturbo da stress post-traumatico: i dati di Drug Science
Il gruppo di ricerca di Drug Science ha pubblicato ulteriori prove sull'efficacia della cannabis terapeutica, riportando i risultati del T21, il più grande studio osservazionale sui farmaci a base di cannabis mai condotto nel Regno Unito.
Queste evidenze sono coerenti con tutti gli studi sulla cannabis terapeutica a pianta intera/ad ampio spettro pubblicati da quando la prescrizione del farmaco è stata resa legale nel Regno Unito, nel novembre 2018.
E dimostrano che questi farmaci sono significativamente efficaci nel trattamento di condizioni come il dolore cronico, l'ansia e il disturbo da stress post traumatico (PTSD), riducendo la gravità dei sintomi dei pazienti, migliorando la qualità della vita e fornendo un'alternativa sicura ed efficace a farmaci ampiamente prescritti, farmaci come gli oppiacei, che possono avere effetti collaterali che cambiano la vita
Chi ha paura della cannabis terapeutica?
“Si pone la domanda, stanno bloccando una decisione a causa di pregiudizi e incomprensioni di lunga data su questi farmaci? Sono semplicemente "spaventati" dalla cannabis?" si chiede il prof. David Nutt, presidente di Drug Science e neuropsicofarmacologo di fama internazionale, che ha trascorso decenni a fare ricerca su farmaci ce principi attivi he influenzano il cervello.
"Se si guardano solo i dati sul dolore cronico, potrebbero esserci più di 15 milioni di persone nel Regno Unito che trarrebbero beneficio da questi farmaci", afferma Nutt. "Si tratta di circa una persona su cinque le cui vite potrebbero essere migliorate, rapidamente, legalmente, in modo efficace e sicuro - se fossero state prese le decisioni giuste".
“E qui non stiamo certo chiedendo la luna. Vogliamo che questi farmaci legali siano trattati come tutti gli altri. E vogliamo che le prove scientifiche siano seguite".
"Posso capire come all'inizio i responsabili delle decisioni non fossero sicuri. La cannabis portava ancora molto stigma nel 2018. Ma quando allora abbiamo messo in dubbio i problemi con l'accesso dei pazienti, ci è stato detto che erano necessarie ulteriori prove sulla sicurezza e l'efficacia di questi medicinali.
Insieme a innumerevoli scienziati in tutto il mondo, abbiamo costantemente fornito queste prove, per anni. Eppure i pazienti non possono ancora ottenere le medicine. Perché?"
“Ed è davvero strano che gli oppiacei vengano somministrati più prontamente ai pazienti, considerando che hanno tutti i tipi di effetti collaterali, non ultimo il rischio di dipendenza fisica. In effetti, i nostri ultimi risultati mostrano che i medicinali a base di cannabis possono ridurre significativamente la necessità di prescrivere oppioidi, offrendo un'alternativa molto più sicura ai pazienti".
Dolore cronico: i dati in Italia
Oltre 100 milioni di persone in Europa, 13 milioni solo in Italia, soffrono di dolore cronico e affrontano la sofferenza quotidiana con terapie farmacologiche, trattamenti manuali, soluzioni specialistiche, interventi chirurgici. E non è tutto: secondo quanto emerso da un sondaggio condotto nel luglio 2022 da un Istituto di ricerca indipendente in Germania, Regno Unito, Spagna e Italia su 2000 pazienti affetti da dolore cronico, quelli italiani possono attendere fino a 10 anni prima di avere una diagnosi corretta e impostare terapie adeguate, spesso inascoltati dagli stessi medici.
Mediamente 1 paziente su 5, nei 4 Paesi considerati, è stato costretto ad abbandonare il lavoro mentre 1 paziente su 3 si è spesso assentato, a prescindere dalla tipologia di attività svolta.
Per 1 paziente su 3 (28,2%) è difficile fare commissioni, salire sui mezzi pubblici, lavare i piatti, fare le pulizie domestiche, il bucato, curare il giardino.
E ancora: circa 1 paziente su 4 attende una diagnosi adeguata e può iniziare terapie appropriate dopo tre anni, mentre per un quarto circa l’attesa è da 1 a 3 anni.
Cannabis terapeutica, dolore e qualità della vita: gli ultimi studi
Secondo un altro recente studio, curato sempre dai ricercatori dell’Imperial College, la cannabis si è dimostrata efficace nell’alleviare il dolore cronico e l’ansia nei pazienti, migliorando al contempo la loro qualità della vita. La ricerca è stata da poco pubblicata sulla rivista scientifica Expert Review of Neurotherapeutics in un lavoro che è stato realizzato dai ricercatori dell’Imperial College Medical Cannabis Research Group presso il Dipartimento di Chirurgia e Cancro di Londra. Per farlo hanno confrontato gli effetti della cannabis su due gruppi: 711 pazienti con dolore cronico e ansia e 543 pazienti con dolore senza ansia.
Stessa conclusione alla quale è giunto uno studio prospettico effettuato su circa 10mila pazienti trattati con cannabis medica in Israele, pubblicato su Frontiers in Medicine. Secondo le conclusioni dello studio durato 3 anni, alla luce dei dati raccolti, complessivamente, il 70,6% dei pazienti ha ritenuto il trattamento di 6 mesi un successo, con conseguente miglioramento della qualità della vita e netta diminuzione del dolore.
Conclusioni simili a quelle di un lavoro del 2020 pubblicato sulla rivista Cannabis and Cannabinoid Research, che ha anche mostrato che i pazienti che usano cannabis medica hanno effettuato meno visite in ospedale ed utilizzato meno farmaci. In particolare i risultati dello studio hanno mostrato che i pazienti di cannabis medica hanno riportato una qualità di vita migliore dell’8% circa, una riduzione del 9% dei punteggi del dolore e una riduzione del 12% dei punteggi dell’ansia. Hanno anche riferito di usare il 14% in meno di farmaci su prescrizione, di avere il 39% in meno di probabilità di aver visitato un pronto soccorso e il 46% in meno di essere stati ricoverati in ospedale nel mese precedente all’indagine.
L'ultimo studio in tema ha dimostrato che l’uso della cannabis terapeutica è associato a “miglioramenti significativi” nella qualità della vita per le persone con condizioni come il dolore cronico e l’insonnia— e questi effetti sono “mantenuti” nel tempo: sono le conclusioni di un nuovo studio pubblicato dalla rivista scientifica dell’American Medical Association (JAMA). I ricercatori della Swinburne University of Technology, dell’University of Western Australia e dell’Austin Hospital hanno condotto un’analisi retrospettiva di una serie di casi che ha coinvolto 3.148 persone in Australia a cui è stata prescritta cannabis terapeutica per il trattamento di diverse patologie. Le condizioni più comuni per le quali è stata prescritta la cannabis sono state il dolore cronico non oncologico(68,6%), il dolore correlato al cancro (6%), l’insonnia (4,8%) e l’ansia (4,2%). E, secondo i ricercatori, “dopo aver iniziato il trattamento con cannabis terapeutica, i pazienti hanno riportato miglioramenti significativi rispetto al basale in tutte le 8 categorie, e questi miglioramenti sono stati per lo più mantenuti nel tempo“.