CBD stupefacente: secondo i pazienti peggioreranno le condizioni di salute e la qualità della vita

CBD stupefacente: secondo i pazienti peggioreranno le condizioni di salute e la qualità della vita

In un momento davvero delicato per migliaia di pazienti abituati ad utilizzare CBD per la propria patologia, abbiamo pensato che la cosa migliore fosse sentire direttamente la loro voce, per capire le loro preoccupazioni nel caso il decreto entrasse in vigore.

Per farlo abbiamo deciso di affidare un sondaggio a SWG, principale istituto italiano nel settore delle indagini demoscopiche, che, con diverse domande restituisce una fotografia chiara della situazione.

Le questioni infatti sono diverse e variegate e riguardano principalmente i problemi che i pazienti che oggi assumono CBD incontrerebbero nel dare continuità alla propria terapia.

Innanzitutto si evince che l’impatto del nuovo decreto appare potenzialmente molto forte. Solo il 10% degli intervistati ritiene che non ci sarà alcun effetto, mente la gran parte degli intervistati teme che non potrà più acquistare i prodotti dai canali abituali o che, in ogni caso, aumenteranno significativamente la difficoltà di reperimento sulla quasi totalità dei prodotti (galenici compresi). 

Peggioramento della qualità della vita e delle condizioni di salute

Secondo 9 intervistati su 10 la difficoltà di reperimento dei prodotti comporterà un peggioramento della qualità della vita e delle condizioni di salute. Ciò potrebbe portare a cercare nuovi canali di approvvigionamento, rivolgendosi maggiormente al web o a canali non ufficiali, con la certezza di un significativo aumento dei costi. 

Non si può infatti non tenere conto di un dato molto importante: per il 40% dei soggetti intervistati i prodotti utilizzati rappresentano una parte della propria terapia e in oltre la metà dei casi sono stati prescritti o consigliati dal proprio medico curante. 

Perché i pazienti utilizzano il CBD

L’utilizzo dei prodotti (primi tra tutti gli oli, seguiti da prodotti galenici ed estratti) è legato ad una pluralità di cause: il contrasto a stati infiammatori, disturbi del sonno, gestione del dolore, ansia. Nella quasi totalità dei casi evidenziano un utilizzo consolidato ed abituale a cadenza giornaliera o comunque con più somministrazioni alla settimana, a conferma di un utilizzo intenso, principalmente mirato a dare sollievo a particolari situazioni croniche in cui l’utilizzo di altre tipologie di farmaco appare più problematico. 

L’approvvigionamento

L’approvvigionamento di questi prodotti non era semplice già prima, e gli intervistati evidenziano l’utilizzo di una pluralità di canali che vanno dalle farmacie (soprattutto per i galenici) all’online, fino ai cannabis shop, molto spesso su suggerimento degli stessi medici prescrittori. Il canale online si rivela particolarmente importante per una questione di comodità (il fatto di poterli ricevere direttamente a casa è un grosso vantaggio soprattutto per chi è in condizioni di maggiore difficoltà), di economicità e di disponibilità. 

Quale situazione si prospetta? Ecco i possibili scenari

Partiamo da un punto fermo: il CBD è una molecola sempre più studiata dai ricercatori e utilizzata a livello clinico: con una rapida ricerca su PubMed della parola “cbd”, risultano più di 11mila ricerche scientifiche. 

Viene prescritto come coadiuvante in diverse patologie, anche molto invalidanti, che vanno dal dolore cronico al cancro. Quello che va evidenziato è che il CBD non viene prescritto per curare la patologia in sé, ma per la gestione dei sintomi che spaziano dal dolore all’insonnia, passando per ansia e depressione, permettendo al paziente di migliorare la propria qualità della vita, gestendo la propria patologia come prima non accadeva. Ecco perché è importante che il governo si concentri su una regolamentazione chiara che possa favorire i pazienti: ci sono migliaia di persone che magari non sono guarite dalla patologia che li affligge ma che, grazie a questa molecola, sono riuscite a condurre di nuovo una vita dignitosa, con il dolore sotto controllo, un sonno ristoratore, e meno ansia, che hanno il terrore di non riuscire più ad avere accesso a un farmaco di fondamentale importanza. 

Ecco la situazione che ad oggi si prospetta:

- La creazione di un tavolo ministeriale o inter-ministeriale con medici, pazienti e aziende produttrici per trovare una quadra. Una soluzione possibile, già ventilata in passato, potrebbe essere quella di indicare delle percentuali per le quali al di sotto l’olio è considerato integratore e al di sopra farmaco (indicativamente il 10%). 

- Il Ministero potrebbe semplicemente prendere atto che il CBD è un principio farmacologico (visto che è presente in almeno due farmaci registrati in Europa) e andare avanti a farli distribuire senza dichiarare il CBD stupefacente, come è successo egli altri Paesi europei. A quel punto si dovrà decidere di conseguenza come inquadrare gli oli. 

- Il ministero potrebbe confermare la propria decisione di inserire i preparati al CBD nel testo unico sugli stupefacenti e agire di conseguenza. A questo punto la probabilità è che gli altri oli ad oggi in commercio sarebbero ritenuti illegali.

Oltre a questo non bisogna dimenticare che:

- La Commissione europea aveva stabilito che i prodotti alimentari contenenti CBD (compresi dunque gli integratori) andassero iscritti nell'elenco dei Novel Food. Il processo però ha subito diversi rallentamenti. L’ultima novità è del giugno 2022, quando l’EFSA aveva pubblicato un documento nel quale, pur sottolineando di non aver concluso che il consumo di CBD sia pericoloso, aveva sottolineato la necessità di eseguire nuovi studi perché le ricerche attualmente disponibili degli effetti del CBD sul fegato, sul tratto gastrointestinale, sul sistema endocrino, sul sistema nervoso e sul benessere psicologico “sono insufficienti”. A questa problematica se ne aggiunge un’altra: intraprendere il percorso per iscrivere un prodotto tra i Novel Food è un’operazione molto costosa ed è evidente che serva una regolamentazione europea anche sugli oli, perché altrimenti nessuna azienda avrebbe interesse a depositare le domande se continuerà ad esistere un mercato “parallelo”. 

- Alla fine del 2020 la Corte di Giustizia Europea si è espressa sul CBD, in un caso che aveva visto un commerciante francese importare ricariche di CBD per le sigarette elettroniche dalla Repubblica Ceca, andando a processo. Il caso è certamente diverso da quello italiano, ma, ad ogni modo, la sentenza della corte aveva messo nero su bianco che: “Uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi”, anche se viene specificato che: “Tale divieto, tuttavia, può essere giustificato da un obiettivo di tutela della salute pubblica ma non deve eccedere quanto necessario per il suo raggiungimento”.

- Infine ci sono le raccomandazioni dell’OMS che, nel processo storico in cui ha riconosciuto il valore medico della cannabis, aveva raccomandato ai Paesi membri che i prodotti con CBD e THC sotto allo 0,2%, non venissero inseriti in nessuna tabella. 


*Per la realizzazione di questo sondaggio, effettuato da SWG, sono state intervistate1601 persone che utilizzano oli, estratti o farmaci a base di CBD con interviste raccolte tra l’8 e il 18 settembre 2023 con la metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview). L’iniziativa è stata patrocinata dalle associazioni di CFU Italia e Cistite.info APS e alla diffusione del sondaggio hanno collaborato l’Associazione Luca Coscioni, A.I.R.A. ODV, Dolce Vita, BeLeaf, e il centro medico CLINN. 

 

19 settembre 2023
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