Se il parere fosse confermato, sarebbe la fine a livello europeo del mercato di cannabis light e oli contenenti CBD così come l'abbiamo conosciuto, perché il CBD, se estratto da fiori e foglie, sarebbe considerato uno stupefacente. Il problema non è il principio attivo in sé ma il fatto che è ricavato dai fiori di canapa, che ad oggi a livello internazionale sono inseriti nella tabella degli stupefacenti.
E' l'incredibile parere preliminare dato dalla Commissione Europea, con la decisione finale attesa per dicembre. Ma per capire meglio cosa stia accadendo bisogna riavvolgere il nastro e raccontare i fatti.
Era il gennaio del 2019 quando il fiori e foglie di canapa, così come i loro derivati e quindi anche il CBD, furono inseriti all'interno del catalogo dei Novel Food, quei tipi di cibi che non sono stati consumati dall'umanità in modo massivo fino al 1997. Sono state inutili le obiezioni della EIHA, degli esperti e delle aziende che avevano cercato di far notare il fatto che la canapa e i suoi semi siano stati consumati per millenni. La decisione è stata presa, e non si tratta solo di una questione burocratica, perché ci sono di mezzo i soldi, e non pochi. Per poter fare domanda per l'inserimento di un singolo prodotto all'interno del catalogo, infatti, servono dai 350 ai 500mila euro.
Il passaggio successivo è stato che, effettivamente, alcune aziende hanno presentato domanda per inserire nel catalogo dei propri prodotti contenenti CBD estratto da fiori. E la Commissione Europea ha preso tempo, rispondendo che, essendo i fiori inseriti nelle tabelle degli stupefacenti, i suoi derivati non possono al momento essere inseriti nei cataloghi degli alimenti.
La decisione dovrebbe a questo punto arrivare a dicembre e non è un caso, perché sono diversi gli eventi che da qui alla fine dell'anno potrebbero portare alle diverse evoluzioni del settore.
- Primo tra tutti il fatto che in Europa, dopo l'approvazione dell'agenzia europea del farmaco, sta per essere commercializzato l'Epidiolex, primo farmaco a base di CBD che sia mai stato formulato, e che può essere prescritto per forme di epilessia resistenti ai trattamenti tradizionali. Questo automaticamente significa che il CBD, anche in Europa, è un principio farmacologico. In realtà era il 2014 quando, anche in Europa, debuttò il Sativex, altro farmaco prodotto dalla stessa azienda, che come principi attivi aveva sia il CBD che il THC.
- La seconda variabile è che a novembre è attesa la sentenza della Corte di giustizia europea che ha come oggetto il potenziale conflitto tra la legislazione nazionale francese, che limita l’importazione della canapa da un altro stato membro soltanto a fibra e semi, e la normativa comunitaria inerente l’organizzazione del mercato comune e la libera circolazione delle merci. Secondo l'avvocato Giacomo Bulleri, "la Corte di Giustizia ha la possibilità, recependo le medesime in una sentenza, di sferrare un colpo decisivo a tutti quelle politiche degli Stati Membri che persistono a limitare il settore della canapa industriale e dei cannabinoidi privi di efficacia drogante e di riaffermare la centralità dell’organizzazione del mercato comune prevista sin dai Trattati istitutivi della Comunità Europea".
- La terza è che a dicembre gli stati membri dell'ONU saranno chiamati a ratificare le decisioni dell'OMS che, dopo un lungo processo di revisione, ha chiesto di riclassificare la cannabis nei trattati internazionali riconoscendone le proprietà mediche. Non solo, perché l'OMS ha messo nero su bianco che i prodotti contenenti CBD e con livelli di THC sotto lo 0,2%, caso in cui rientrerebbero sia la cannabis light che gli oli a base di CBD, non dovrebbero essere inseriti in nessuna tabella.
In tutto questo il primo allarme era stato lanciato dalla EIHA, l'associazione europea di categoria, che sta seguendo da vicino l'evoluzione della legislazione in materia. “Oggi non è solo il settore della canapa che è sul punto di perdere una battaglia, ma è un discorso che vale per tutta l’Europa. Come cittadina europea, sono delusa dal fatto che la Commissione non stia lavorando per un approccio costruttivo e sta invece punendo un settore che, se gliene fosse data la possibilità, potrebbe contribuire ad accelerare la transizione verso un sistema a emissioni zero, bio-based e basato sull’economia sostenibile, rappresentando un reddito aggiuntivo per i nostri agricoltori, che sono la spina dorsale del mercato alimentare dell’UE. Se gli estratti di canapa diventano un farmaco, non saranno gli agricoltori e le PMI che beneficeranno del successo dell’industria della canapa, ma solo le grandi aziende che possono permettersi la produzione di prodotti chimici di sintesi. Un’assurdità che non possiamo permetterci di accettare”, aveva denunciato Lorenza Romanese, l'ad dell'associazione.
L'avvocato Bulleri spiega anche che, secondo la attuale situazione normativa:
- Il CBD non rientra tra i prodotti agricoli in quanto ottenuto dalla canapa per effetto di un procedimento complesso di estrazione e, conseguentemente, il CBD non rientra nell’ambito di applicazione dei Reg. (UE) n. 1307/2013 e n. 1308/2013;
- Il CBD non è una sostanza stupefacente secondo la Convenzione Unica sugli Stupefacenti (cd. Convenzione di New York del 1961). Anche se si potrebbe obiettare che il CBD potrebbe essere qualificato come estratto da fiori di canapa (come tali invece vietati dalla Convenzione), in realtà, osserva l’Avvocato Generale:
- La Convenzione, secondo l’art. 28, non si applica alla coltivazione della pianta di cannabis “fatta a scopi esclusivamente industriali (fibre e semi) o di orticoltura”;
- Dai commenti alla Convenzione pubblicata dalle Nazioni Unite (41) risulta che la coltivazione di tale pianta «per qualsiasi scopo diverso [dalla produzione di cannabis e di resina di cannabis] e non solo a fini [industriali o di orticoltura]» non è sottoposta al regime di controllo previsto all’articolo 23 della medesima convenzione. In altri termini, la coltivazione della pianta di canapa non è soggetta a controllo quando non è finalizzata alla produzione di uno stupefacente; ergo la Convenzione sulle sostanze psicotrope, mentre considera il THC come una sostanza psicotropa, non considera come tale il CBD.
Per concludere che: "In via analogica, infatti, i medesimi principi enunciati per gli oli al CBD risultano applicabile all’intera pianta di canapa industriale (proveniente da sementi certificate e con tenore di THC inferiore allo 0,2%) e ai suoi derivati in quanto, come correttamente ribadito dall’Avvocato Generale Evgeni Tanchev, tali prodotti non rientrano sotto il controllo della Convenzione Unica sugli Stupefacenti, bensì sono prodotti leciti come tali riconosciuti dal diritto comunitario, senza alcuna distinzione tra le parti della pianta".
Ora non resta che aspettare per capire se la Commissione Europea ha solo cercato di prendere tempo, facendo decidere altri al posto suo, o se invece l'Europa sarà il primo posto nel mondo in cui il CBD ricavato da fiori e foglie sarà considerato come uno stupefacente, essendo smentita nella pratica da tutta la letteratura scientifica in materia.
Mario Catania