Se da una parte le potenzialità della cannabis contro il cancrosono note da quasi 50 anni, negli ultimi tempi la ricerca scientifica si è concentrata sui meccanismi tramite i quali THC, CBD e altri cannabinoidi possano causare la morte delle cellule tumorali senza intaccare quelle sane, venendo studiati anche come coadiuvanti a trattamenti tradizionali come chemio e radioterapia e per ridurne gli effetti collaterali. Un altro recente approccio scientifico è quello di studiare il sistema endocannabionide per trovare nuove terapie contro il cancro, come nel caso del glioblastoma, forma aggressiva di cancro al cervello.
L'ottima notizia è che in Italia è già partito un nuovo studio scientifico che indagherà la potenzialità di estratti a base di CBD nell'uccidere le cellule tumorali, senza intaccare quelle sane. Lo studio, che sarà svolto utilizzando anche i tradizionali farmaci chemioterapici in combinazione con gli estratti forniti dalla start up italiana CANAX, si basa su nuove strategie e la dottoressa Federica Pellati, Professore Associato di Chimica Farmaceutica dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia che guiderà la ricerca, dice che "le aspettative sono alte".
Insomma, uno studio condotto a Modena, a partire da estratti prodotti nel nostro paese, per continuare a raccogliere prove scientifiche delle potenzialità del CBD contro il cancro, in una sinergia tutta italiana.
Estratti di CBD contro il cancro: l'intervista alla professoressa Federica Pellati
Quando avrà inizio lo studio e quali sono gli obiettivi che vi siete preposti?
La professoressa Federica Pellati
Innanzitutto, ci tengo a sottolineare che sono estremamente contenta di avere la possibilità di collaborare con l’azienda Canax, che ringrazio per la sensibilità e l’attenzione che ha dimostrato nei confronti della ricerca scientifica, e in particolare il Dott. Alfonso Botto e il Dott. Fabrizio Faion. Lo studio sperimentale è iniziato da maggio. Gli obiettivi sono la caratterizzazione chimica di estratti di varietà non psicotrope di Cannabis sativa L., ottenuti con la tecnologia dei fluidi supercritici, e la valutazione delle proprietà antiproliferative in vitro su diverse linee cellulari tumorali. Verranno testate frazioni arricchite e verranno eseguite prove su composti puri, anche in combinazione con farmaci chemioterapici usati in terapia.
Come sarà eseguito e con che tipi di estratti? Sapete già che tipi di cannabinoidi e in che percentuali saranno utilizzati?
Gli estratti e le frazioni arricchite ottenute da biomasse vegetali saranno forniti dall’azienda. Si tratta di varietà di canapa a CBD (aventi D 9 -THC inferiore al limite dello 0.2%). Noi andremo a caratterizzare i cannabinoidi presenti in maniera completa mediante metabolomica target condotta tramite UHPLC-HRMS ed eseguiremo poi la quantificazione dei componenti. Verranno studiati anche altri composti fenolici e i terpeni con tecniche analitiche specifiche, sviluppate presso il laboratorio di ricerca che coordino presso il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
Quali sono le sue aspettative?
Le aspettative di noi ricercatori sono alte. Abbiamo già un punto di partenza (proof-of-concept) solido, che è relativo all’attività antiproliferativa di un estratto ottenuto da infiorescenze di canapa a CBD contro una linea cellulare tumorale di leucemia mieloide cronica. Questi dati sono stati oggetto di una recente pubblicazione open-access.
Si indagheranno innanzitutto le capacità della cannabis e del CBD di avere proprietà antiproliferative nei tumori e di causare l’apoptosi, e cioè la morte delle cellule tumorali, senza intaccare quelle sane. E’ corretto?
Assolutamente corretto. La ricerca chimico farmaceutica nel campo degli antitumorali è rivolta all’identificazione di composti che abbiano la capacità di interferire in modo selettivo con cellule in condizioni iperproliferative e causarne morte cellulare programmata, evitando di intaccare le cellule sane, al fine di ridurre gli effetti collaterali della terapia.
Negli ultimi anni sono stati identificati due meccanismi di azione del CBD contro il cancro. Secondo uno studio del 2019 i ricercatori scrivono che “il CBD prende di mira direttamente i mitocondri (i propulsori delle cellule, ndr) inducendo le cellule ad autofagia e morte cellulare”. In un’altra pubblicazione del
2021 gli autori scrivono che il CBD colpisce i “geni chiave” inibendo ad esempio il gene FOXM1. E’ questa la strada da seguire per continuare nella ricerca?
Noi abbiamo altre strategie, che stiamo studiando, e che sono il frutto di indagini proteomiche. Verranno valutate sperimentalmente nei prossimi mesi. Non posso anticipare altro al momento, ma sicuramente avremo modo di riparlarne.
Le potenzialità della cannabis contro il cancro sono note da quasi 50 anni e negli ultimi tempi ricerca in vitro e su cavie è cresciuta esponenzialmente, quello che manca, a detta di diversi esperti italiani e internazionali, è una seria sperimentazione clinica nei vari tipi di cancro. Quello di fare una sperimentazione su pazienti può essere lo step successivo della vostra ricerca?
Prima di passare agli studi sull’uomo, occorre seguire tutte le fasi della ricerca pre-clinica, con le necessarie autorizzazioni da parte dei comitati etici.
La cannabis per trattare i sintomi del cancro è già una realtà, mentre si moltiplicano gli approcci che la utilizzano come coadiuvante delle terapie tradizionali come chemio e radioterapia. Che ne pensa?
Quello al quale si riferisce è legato al componente psicotropo della cannabis, ossia il D 9 -tetraidrocannabinolo (D 9 -THC), il quale, tramite interazione con i recettori CB1 dei cannabinoidi, produce analgesia ed inoltre è in grado di contrastare nausea e vomito indotti dai chemioterapici. Noi vogliamo invece puntare sul CBD e sui composti non psicoattivi della canapa, al fine di
sfruttarne l’attività antiproliferativa (anche in combinazione con farmaci chemioterapici tradizionali), senza avere effetti collaterali psicoattivi legati al D 9 -THC.
Mario Catania