Nonostante per molti sia un pensiero difficile da accettare, alcuni derivati della cannabis hanno già dato prove scientifiche, su test in vitro e su animali, delle effettive potenzialità anticancro di questo farmaco su diverse parti del corpo. Dalle ultime notizie sembra che in America e in Europa i ricercatori stiano per realizzare i primi studi clinici testati su pazienti umani.
Il dottor Sean McAllister del California Pacific Medical Center (CPMC), ha trascorso quasi un decennio a studiare gli effetti di cannabidiolo (CBD) - un principio non psico-attivo della cannabis - su tipi aggressivi di cancro al cervello e al seno. La sua ricerca ha già dimostrato che il cannabidiolo (CBD) possa ridurre la diffusione del cancro in studi su colture cellulari e animali. Ora, insieme al suo team di ricerca, è quasi pronto per dimostrarlo anche negli esseri umani .
"Stiamo cercando di avviare studi clinici negli Stati Uniti. Abbiamo progettato gli studi per il cancro al seno e al cervello, ma stiamo ancora raccogliendo il denaro necessario". E' da circa un anno che il dottore ha iniziato il lungo e difficile processo di avvio delle sperimentazioni cliniche. Con la progettazione degli studi ormai completata, i finanziamenti sembrano essere l'unico ostacolo rimasto. "Se tutto va come previsto - precisa - spero di vedere il CBD testato su pazienti oncologici entro un anno". Secondo il dottor McAllister, la ricerca preclinica suggerisce che i cannabinoidi, già efficaci da soli, possano avere un effetto migliorato se utilizzati in combinazione con alcuni trattamenti attuali.
La svolta, per il dottor McAllister (nella foto), è arrivata nel 2007, quando la sua squadra del CPMC ha dimostrato che il cannabidiolo può ridurre l'aggressività del tumore nel cancro al seno "spegnendo" una proteina responsabile della diffusione del cancro, o di metastasi, chiamata Id-1. Quattro anni più tardi , sono stati in grado di confermarne l'effetto nei topi,dimostrando che il trattamento con CBD riduceva il numero e le dimensioni dei tumori secondari che si formavano.
Un altro dei suoi studi, questa volta in colture di cellule di glioblastoma (la forma più comune e letale di cancro al cervello), ha rilevato che il CBD e il THC potrebbero lavorare insieme per raggiungere un effetto ancora maggiore (come spiegato nel video sotto), concludendo che "l'aggiunta di cannabidiolo a delta 9 (THC) può migliorare l'efficacia complessiva del delta 9 nel trattamento del glioblastoma nei pazienti oncologici".
Ed è in questa direzione che la GW Pharmaceuticals sta anche cercando di studiare un farmaco a base di cannabis, il Sativex, come trattamento aggiuntivo per il glioblastoma. La società ha già iniziato a reclutare pazienti per la prima fase di sperimentazione clinica in Europa. I ricercatori dovranno dimostrare la sua sicurezza del trattamento in un piccolo gruppo di pazienti con glioblastoma, prima di poter iniziare a valutare l'efficacia del Sativex nel combattere il cancro.
"Devi costruire prove inattaccabili perché venga accettata l'idea di eseguire i test clinici. Ed è il punto al quale siamo arrivati ora". Ha concluso il dottor McAllister spiegando che uno dei motivi per cui ha scelto di studiare il CBD sia la mancanza di psico-attività. Nonostante non mancassero racconti e testimonianze delle potenzialità della cannabis nel curare il cancro, mancavano casi scientifici e prove per poter avviare i necessari studi clinici. Gli anni di lavoro del dottor McAllister sono serviti a questo. Che sia giunta l'ora in cui le tesi di Rick Simpson (tra gli altri) avranno la loro prova scientifica?
Fonte: Leafscience.com
Redazione Cannabisterapeutica.info