Cannabis e sport: la National Football League (NFL) e la NFL Player Association stanno valutando la possibilità di utilizzare la cannabis e i suoi componenti, il CBD in primis, come alternativa agli oppioidi per trattare il dolore dovuto agli infortuni degli atleti, mentre la UFC non la considererà più come doping. Al via le ricerche per scoprire l’influenza della cannabis sulle prestazioni atletiche, che, a differenza delle terapie attuali, non porta a una percezione alterata del dolore.
La cannabis come alternativa agli oppioidi nello sport: la proposta e gli obiettivi della NFL
La maggiore lega professionistica nordamericana di football, la NFL, ha deciso di cambiare rotta e dal febbraio 2021 ha avanzato la proposta di sostituire i farmaci oppioidi, tradizionalmente impiegati nel settore, con la cannabis. L’ipotesi è stata preceduta nel 2016 dall’appello di Eugene Monroe, giocatore dei Baltimore Ravens Eugene e primo atleta attivo nella NFL ad aver denunciato l’uso di oppioidi e ad aver chiesto di utilizzare la cannabis per curare dolore e infortuni.
Per un definitivo cambio di rotta, però, sono necessari ulteriori studi che vadano ad integrare la letteratura medica e scientifica già disponibile ed è per questo che la lega è oggi interessata a coinvolgere ricercatori specializzati per affiancarli al team del già esistente NFL-NFLPA Pain Management Committee (PMC) e lavorare così insieme sulla gestione del dolore e sulle prestazioni atletiche dei giocatori.
In particolare, l’obiettivo della NFL è triplice: capire il potenziale ruolo terapeutico dei farmaci e degli interventi non farmacologici attualmente considerati alternative agli oppioidi nella gestione del dolore dei giocatori della NFL; valutare l’impatto della cannabis e dei cannabinoidi sulle performance atletiche dei giocatori; e capire e valutare il potenziale ruolo terapeutico di tali soluzioni nella gestione ortopedica del dolore post-chirurgia di routine nei giocatori di football. I farmaci e gli interventi non farmacologici, ci tiene a sottolineare la NFL, possono includere, ma non sono limitati a, cannabinoidi come il cannabidiolo (CBD).
La nuova politica antidroga della NFL
Mentre il comitato scientifico è alle prese con nuove ricerche, la politica della lega sui test antidroga è cambiata rispetto allo scorso anno. Secondo le nuove norme, infatti, i giocatori della NFL non saranno necessariamente sospesi dalle partite a causa di eventuali test risultati positivi per l’uso di droga, non solo per la cannabis.
L’accordo, in particolare, sottolinea la necessità e l’obbligo di concentrarsi sul “garantire la valutazione e il trattamento” piuttosto che la diretta punizione. Ora, infatti, coloro che risultano positivi ai farmaci o che mostrano comportamenti che indicano un uso improprio di droghe saranno tenuti a entrare in un "programma di intervento" in cui possono ricevere una valutazione appropriata e un conseguente piano di trattamento quando necessario.
Quasi tutte le punizioni previste dalla nuova politica, infine, sono di tipo economico, con riduzione o perdita temporanea dello stipendio, eliminando così la minaccia di sospensione degli atleti.
Cannabis e sport: la posizione delle altre leghe in Usa
A fare da apripista verso un cambio di rotta nei confronti della cannabis è stata la MLB, la Major League di Baseball, che nel 2019 ha deciso di rimuovere la sostanza dall’elenco di quelle vietate dalla lega, anche se gli atleti non possono consumarla durante le partite e gli allenamenti e non possono sponsorizzare le aziende del settore, almeno per il momento.
A questa sia affianca la NBA, la National Basketball Association, che ha interrotto i test casuali per rilevare il consumo di marijuana tra i giocatori. La decisione, presa durante l’emergenza sanitaria, potrebbe diventare presto permanente, perché, come affermato dal commissario Adam Silver, è più importante individuare i segni di dipendenza problematica, piuttosto che quelli di un uso saltuario di cannabis.
L'ultima novità arriva dalla UFC, la più importante lega per le arti marziali miste a livello globale, ennesimo sport che ha annunciato che non considererà più la cannabis come doping. I test positivi al metabolita presente nella cannabis, a prescindere dal livello, non saranno più considerati violazioni del test antidoping, a meno che non ci siano prove che un atleta sia sotto effetto della suddetta sostanza anche durante gli incontri.
I risvolti sociali dell’eliminazione degli oppioidi
Le ricerche condotte dalla NFL e le prese di posizione delle altre leghe di vari sport potrebbero rivelarsi indispensabili anche per ridurre drasticamente un problema ormai ben radicato negli Stati Uniti e paragonato dal dottor Gary Witman a un’epidemia mortale: la dipendenza da oppiodi e le conseguenti morti per overdose.
Secondo le ricerche più recenti, infatti, negli stati a stelle e strisce dove la cannabis per uso ricreativo o medico è legalizzata, le morti per overdose causati da oppiacei diminuiscono fino al 35%.
Martina Sgorlon