Un finanziamento di un milione di euro per uno studio clinico volto ad indagare le potenzialità della cannabis nel trattamento del cancro della pelle. Lo hanno annunciato i ricercatori dell'Università australiana di Canberra per un progetto che verrà portato avanti insieme all'azienda Cann Pharmaceutical in cui saranno testati i farmaci a base di cannabis prodotti direttamente su pazienti.
"Gli australiani hanno il più alto tasso di melanoma nel mondo, con stime di più di 13mila nuovi casi diagnosticati solo nel 2016", ha spiegato Sudha Rao, professore di Biologia Molecolare e Cellulare dell'Università di Canberra. "Se si considera che il melanoma è il terzo tumore più comune in Australia e Nuova Zelanda, e quasi 1.800 persone moriranno a causa di questo cancro quest'anno, abbiamo bisogno di lavorare di più per trovare trattamenti efficaci".
I ricercatori dell'Università di Canberra
Secondo l'università: "A partire dal prossimo anno, i pazienti avranno prodotti farmaceutici sotto forma di interi estratti vegetali di varietà di cannabis specifiche che affiancheranno la loro attuale cura per il melanoma. Circa 55mila australiani soffrono di cancro maligno della pelle, che può essere causato da danni del sole al DNA delle cellule della pelle. Meno del dieci percento dei pazienti sopravvive cancro della pelle che si è diffuso sotto la superficie della pelle".
In ambito scientifico sono stati realizzati diversi studi, in vitro e su cavie animali, sulle potenzialità anti-tumorali di diversi cannabinoidi. Per quello che riguarda invece gli studi clinici, e quindi eseguiti su pazienti, un primo studio pilota è stato effettuato nel 2006 sotto la guida del dottor Manuel Guzman nel quale nove pazienti terminali con glioblastoma multiforme sono stati trattati con iniezioni intracraniche e intratumorali di una soluzione contente THC al 96,5% più altri isomeri. Come ci ha raccontato il dottor Luigi Romano, “i risultati sono stati strabilianti: miglioramento di tutti i sintomi clinici quali disfasia, ipertensione craniale, emiparesi, cefalea e allucinazioni, deficit motori migliorati. Aspettativa di vita: la media dopo l’operazione è stata di 24 settimane, 2 dei pazienti sopravvissero per circa 1 anno, solo 1 paziente sembra non aver risposto al THC almeno sotto il profilo dell’aspettativa di vita. Fantascienza? No realtà, realtà che si può implementare solo con la ricerca”.
Sono in corso altri due studi clinici condotti dalla GW Pharmaceuticals sul Sativex, il farmaco prodotto dall’azienda a base di THC e CBD in rapporto 1:1, come trattamento aggiuntivo all’agente chemioterapico chiamato temozolomide, perché la ricerca pre-clinica dell’azienda suggerisce che i cannabinoidi possano migliorare la capacità anti-cancro di questo agente.
Diversi cannabinoidi agiscono inibendo la progressione tumorale a vari livelli: per apoptosi (forma di morte cellulare programmata), arresto del ciclo cellulare o autofagia, processo che ha il ruolo di liberare la cellula dalle proteine intracellulari mal impiegate o troppo vecchie, superflue o danneggiate, e dai microrganismi invasori, dando risposta per fornire nutrienti ed energia dopo l’esposizione a stress e sollecitazioni, oltre all’inibizione dell’angiogenesi, e cioè la formazione di vasi sanguigni che fanno crescere la massa tumorale.
"Secondo molti studiosi", spiega la società che parteciperà al progetto, "gli effetti di tutte le sostanze contenute nella cannabis come i cannabinoidi, i terpeni, gli acidi grassi e i flavonoidi, lavorano in sinergia per dare il massimo dell'efficacia ed il minimo effetto collaterale e sarà molto diverso dall'effetto di qualsiasi molecola isolata che "lavora" da sola, che è il motivo per cui i cannabinoidi sintetici derivati da una sola mescola nella maggior parte degli studi dsu pazienti non hanno l'efficacia medica che ha tutta la pianta".
Redazione cannabisterapeutica.info