Una ricerca pubblicata il 2 settembre 2014 dimostra interessanti potenzialità del cannabidiolo nel trattamento dell’acne vulgaris, il più comune problema alla pelle. Lo studio si intitola “Cannabidiol exerts sebostatic and antiinflammatory effects on human sebocytes” ed è frutto del lavoro di ricercatori ungheresi, belgi, tedeschi, inglesi, giapponesi e italiani all’interno della University of Debrecen. Ad oggi non esiste un farmaco in grado di contrastare, senza effetti collaterali, le tre diverse fasi dell’acne: sovrapproduzione di sebo, proliferazione dei sebociti, infiammazione. Per chi fosse interessato, sul sito Project CBD è possibile trovare altri studi scientifici in merito.
Il sistema endocannabinoide regola numerosi processi fisiologici, fra cui la crescita e la differenziazione delle cellule. In questo studio, i ricercatori partono da alcune ricerche precedenti sulla regolazione della produzione di sebo da parte del sistema endocannabinoide e proseguono sperimentando CBD su colture di ghiandole sebacee umane. Gli esperimenti in vitro dell’Università di Debrecen hanno riscontrato un’intensa azione lipostatica, antiproliferativa e antiinfiammatoria.
Il cannabidiolo ha inibito l’azione lipogenica di diverse sostanze presenti nel tessuto cellulare che creano le condizioni per l’acne, come acido arachidonico, testosterone, acido linoleico. La proliferazione dei sebociti è stata ridotta con l’attivazione di diversi canali recettori intracellulari e la crescita indesiderata è stata fermata dal CBD senza ridurre eccessivamente, con necrosi o apoptasi, la quantità di sebociti.
Come già verificato su numerose altre patologie, in questo esperimento il cannabidiolo ha svolto azione antinfiammatoria anche sulle cellule affette da acne e si è dimostrato in grado di ridurre la produzione di alcune citochine conseguenze di processi infiammatori. I risultati su colture in vitro sono stati replicati anche con tecniche “in-vivo-like” per simulare il più possibile l’effetto sulla pelle umana. Sono state simulate infezioni con batteri Gram-positivi e Gram-negativi, anche qui riscontrando una riduzione delle espressioni biochimiche infiammatorie. I ricercatori hanno rilevato che l’azione del CBD contro gli agenti che generano acne non avviene solo tramite i recettori CB1 e CB2 ma anche attraverso altri canali di comunicazione chimica fra cellule, attivando così un effetto multiplo. Secondo gli scienziati dell’Università di Debrecen, la combinazione dei tre effetti utili contro l’acne in un unico principio attivo rende il CBD ottimo candidato per un nuovo farmaco. L’assenza di effetto psicoattivo ne faciliterà l’applicazione sia topica, sia sistemica.
Stefano Mariani