Nello scrivere dell’ennesimo arresto di un paziente che da anni si espone e si batte per i diritti di coloro che si curano con la cannabis in Italia, fatichiamo a trovare le parole adatte. Perché probabilmente non ci sono, e, anche chi di mettere in fila parole ne ha fatto una professione, davanti a ciò che succede in Italia, resta appunto senza. Due giorni fa Andrea Trisciuoglio, fondatore di Lapiantiamo e pilastro delle battaglie in favore dei pazienti, è stato arrestato ed è rimasto due giorni ai domiciliari prima di essere rilasciato.
Il reato commesso? Quello di detenere cannabis light, quella con il principio attivo sotto lo 0,2% e che quindi è legale possedere.
“Torna come un boomerang il problema di una legge che possiamo definire grigia ed incompiuta, la 242 del 2016, che di fatto non tutela gli imprenditori nel loro diritto al lavoro e pone le persone agli arresti domiciliari”, hanno sottolineato in una nota Massimiliano Iervolino e Giulia Crivellini, segretario e tesoriera di Radicali Italiani.
Già a novembre Andrea Trisciuoglio aveva spiegato che: “Sono senza cannabis da mesi, nelle farmacie non c’è e non arriva ed è una cosa che non posso più accettare". Oggi risponde al telefono con un filo di voce. "Mi son fatto pure questa esperienza", dice per sdrammatizzare dopo la notifica della fine dei domiciliari da parte della guardia di Finanza. “Siamo alle solite”, mi aveva detto al telefono quando a novembre del 2021 era stato fermato, sempre con una pianta di cannabis light sottolineando che, “passa il tempo ma i problemi sono sempre gli stessi”.
"C'è stato un controllo della guardia di Finanza dove Trisciuoglio con un amico stava trasportando della Canapa con contenuto di THC inferiore allo 0,2%, visto che si occupa di coltivazioni, consentite, di cannabis light", racconta l'avvocato Angelo Ippolito che lo difende. "Il fermo ha innestato immediatamente una cascata di conseguenze che hanno portato agli arresti domiciliari. E' paradossale il fatto che stiamo parlando di una produzione che è consentita dalla legge, che è lecita, perché nei limiti prescritti dalla legge, ma siccome non si può fare un accertamento immediato si è proceduto con gli arresti". Nel frattempo Andrea è stato rilasciato. "E' un barlume di speranza almeno sulla possibilità di uscire con un arresto di 48 ore da vicende così brutte dove nulla cambia tra lo spaccio internazionale e una semplice detenzione, tra l'altro di quella legale". Ora dovrebbe chiudersi tutto qui: "Il reato non c'è, non c'è nessuna violazione. Quello che resta impresso, come avvocato, è la quesitone del principio di colpevolezza invece che il principio di innocenza, che dovrebbe guidare le istituzioni. Se non si può distinguere ad occhio se la canapa sia legale o meno, è come se venissi arrestato mentre trasporto una cassa di mele. Viene snaturato il principio di innocenza che fa parte del diritto".
Inutile sottolineare per l'ennesima volta la carenza della cannabis nelle farmacie, che non permette ai pazienti di curarsi. Inutile sottolineare i ritardi mostruosi dello Stato italiano per ciò che riguarda la produzione di cannabis medica a Firenze, le importazioni e la liberalizzazione del mercato. Inutile sottolineare i processi ai pazienti che la coltivano per poter tirare avanti. Lo stato quando i pazienti hanno bisogno sparisce, per mostrare il suo volto peggiore con la repressione ogni volta che ne ha la possibilità.
Con la tristezza che riempie il cuore di tutti gli attivisti italiani per la recente scomparsa di Walter De Benedetto, questa è l'ennesima vicenda che non si può accettare, che non si può spiegare, che si può solo subire. Mentre lo Stato si gira dall'altra parte, e i pazienti restano abbandonati a loro stessi.
Mario Catania