Nuovo studio, nuova conferma: la cannabis si conferma un farmaco capace di intervenire su degli aspetti che vanno oltre la patologia e i sintomi dei pazienti, per migliorare in generale la qualità della vita negli aspetti correlati alla salute di chi inizia ad utilizzarla.
L'ultimo studio che si esprime in questa direzione è stato da poco pubblicato sulla rivista scientifica Expert Review of Clinical Pharmacology ed è stato curato dai ricercatori di due diversi dipartimenti dell'Imperial College di Londra, insieme alla NHS Foundation Trust e alla clinica specializzata Sapphire a partire dai dati dei pazienti arruolati nel registro della cannabis medica del Regno Unito.
I 2833 partecipanti hanno completato il questionario EQ-5D-5L per valutare la qualità della vita correlata alla salute, il questionario Generalized Anxiety Disorder-7 (GAD-7) per misurare la gravità dell'ansia e la Single-item Sleep Quality Scale (SQS) per valutare la qualità del sonno all'inizio dello studio e poi ai follow up previsti a 3, 6, 9 e 12 mesi dall'inizio dello studio.
La dose mediana di CBD e THC nelle 24 ore era rispettivamente di 20,00 mg e 110,00 mg. Circa un terzo dei pazienti (n = 858, 30,29%) utilizzava esclusivamente formulazioni orali/sublinguali, mentre meno di un quarto (n = 671, 23,69%) vaporizzava fiori secchi come unico metodo di somministrazione. Una combinazione dei due era il regime più prescritto (n = 1081, 38,16%). Le terapie più comuni erano olio di THC (20 mg/ml), olio di CBD (50 mg/ml) e fiori di cannabis (THC 19%, CBD <0,1%).
La cannabis per migliorare la qualità della vita nei pazienti con patologie croniche
"Questo studio osservazionale suggerisce che l'inizio del trattamento con cannabis medica è associato a un miglioramento della qualità della vita associata alla salute in generale, così come dei sintomi specifici del sonno e dell'ansia fino a 12 mesi nei pazienti con patologia cronica".
Nell'analizzare i dati dei pazienti i ricercatori fanno un passo in più specificando che: "I partecipanti che consumavano cannabis illecita hanno comunque sperimentato un miglioramento dopo l'inizio della cannabis terapeutica. La maggior parte dei pazienti ha tollerato bene il trattamento; tuttavia, il rischio di eventi avversi dovrebbe essere considerato prima di iniziare. In particolare, le pazienti di sesso femminile e nuove alla cannabis hanno una maggiore probabilità di sperimentare eventi avversi".
Gli studi precedenti
Secondo un altro recente studio, curato sempre dai ricercatori dell'Imperial College, la cannabis si è dimostrata efficace nell’alleviare il dolore cronico e l’ansia nei pazienti, migliorando al contempo la loro qualità della vita. La ricerca è stata da poco pubblicata sulla rivista scientifica Expert Review of Neurotherapeutics in un lavoro che è stato realizzato dai ricercatori dell’Imperial College Medical Cannabis Research Group presso il Dipartimento di Chirurgia e Cancro di Londra. Per farlo hanno confrontato gli effetti della cannabis su due gruppi: 711 pazienti con dolore cronico e ansia e 543 pazienti con dolore senza ansia.
Stessa conclusione alla quale è giunto uno studio prospettico effettuato su circa 10mila pazienti trattati con cannabis medica in Israele, pubblicato su Frontiers in Medicine. Secondo le conclusioni dello studio durato 3 anni, alla luce dei dati raccolti, complessivamente, il 70,6% dei pazienti ha ritenuto il trattamento di 6 mesi un successo, con conseguente miglioramento della qualità della vita e netta diminuzione del dolore.
Conclusioni simili a quelle di un lavoro del 2020 pubblicato sulla rivista Cannabis and Cannabinoid Research, che ha anche mostrato che i pazienti che usano cannabis medica hanno effettuato meno visite in ospedale ed utilizzato meno farmaci. In particolare i risultati dello studio hanno mostrato che i pazienti di cannabis medica hanno riportato una qualità di vita migliore dell'8% circa, una riduzione del 9% dei punteggi del dolore e una riduzione del 12% dei punteggi dell'ansia. Hanno anche riferito di usare il 14% in meno di farmaci su prescrizione, di avere il 39% in meno di probabilità di aver visitato un pronto soccorso e il 46% in meno di essere stati ricoverati in ospedale nel mese precedente all'indagine.