"L'Italia è uno dei primi e più grandi mercati di cannabis terapeutica in Europa, ma nuovi dati hanno rivelato la continua incapacità del suo sistema di servire i bisogni dei pazienti". Sono le parole messe nere su bianco dal giornalista Ben Stevens di BusinessCan, che evidenziano ancora di più la difficile situazione dei pazienti che in Italia necessitano di cannabis per le proprie cure.
La testata infatti esperime un punto di vista che qui su Cannabisterapeutica.info ribadiamo da anni: "Il mercato italiano della cannabis terapeutica è cresciuto di punti percentuali a due cifre da diversi anni, eppure il paese continua a vedere i suoi militari detenere il monopolio sulla coltivazione domestica. Con la produzione interna dell'esercito che non cresce dal 2019, questo monopolio sta soffocando la crescita di uno dei più importanti mercati europei di cannabis terapeutica, ora il secondo più grande in Europa per numero di pazienti (quantificati in circa 20mila, ndr)".
La stessa identica opinione viene anche espressa da Conor O'Brien, analista industriale e di dati di Prohibition Partners, secondo il quale: "Il monopolio del governo sulla produzione di cannabis terapeutica in Italia è stato un fallimento assoluto".
Nell'articolo viene infatti evidenziato che, nonostante dei lievi aumenti negli ultimi anni, la produzione è accorra ben lontana dal soddisfare il fabbisogno dei pazienti italiani. Sui 1400 chili indicati come fabbisogno per il 2021, allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze ne sono stati prodotti circa 100 e viene evidenziato, anche tramite le parole del giornalista Fabrizio Dentini, che, oltre alle importazioni previste dall'Olanda, il sistema si regge a malapena grazie ai bandi e all'importazioni emergenziali.
Aumento della produzione di cannabis allo Stabilimento di Firenze: nuovo annuncio
La notizia è che il 30 dicembre 2022 il direttore generale dell'Agenzia per le industrie della difesa Nicola Latorre ha annunciato in un'intervista a Defence World che l'esercito prevedeva di aumentare la sua produzione del 75% rispetto ai precedenti obiettivi nel 2023.
Nell'intervista, oltre alla discussione sulle cifre produttive contestate da Latorre (secondo il quale nel 2020 sarebbero stati prodotti 50 kg di cannabis invece dei 37 riportati dal ministero della Salute, che sono comunque pochissimi), il direttore sottolinea che le grow room sono aumentate da due nel 2016 a 10 di quest'anno, ognuna delle quali ospita tra le 50 e le 125 piante, ciascuna con sei raccolti all'anno. Un'operazione che nel 2023 dovrebbe portare alla produzione di 700 kg, mentre inizierà anche la produzione di "olio d'oliva infuso di cannabis".
Le alternative alla produzione statale
La testata poi riporta come potenziale alternativa alla produzione di cannabis dei militari quella dell'autoproduzione di cannabis per i pazienti, una pratica che viene concessa ad esempio in Canada e diversi Paesi degli Stati Uniti. Il problema è che il disegno di legge, dopo un cammino complesso e tortuoso nelle commissioni, è naufragato insieme alla fine del governo Draghi. Intanto diverse associazioni di pazienti hanno annunciato una manifestazione prevista per il 16 febbraio davanti al ministero della Salute proprio per chiedere la possibilità di autorizzare la coltivazione ad uso personale e quella in forma associata ad uso medico.
L'altra possibilità concreta per i pazienti italiani rimane la manifestazione d'interesse indetta per cercare privati che iniziano a produrre cannabis medica da cedere poi allo Stabilimento di Firenze per la distribuzione. Qui, come ribadito più volte, il problema sono le tempistiche. Mentre siamo ancora nella fase dell'individuazione delle possibili aziende, la prima cannabis prodotta non vedrà la luce prima di due o tre anni. troppo per migliaia di persone che aspettano da anni una risposta dallo Stato.
Le ultime notizie riguardo la manifestazione di interesse per la produzione di cannabis medica sono di dicembre 2022. A fine novembre erano stati aperti i plichi delle domande consegnate dei 42 partecipanti. Ci sono state 5 aziende escluse a vario titolo, tra le quali la Bedrocan, ma una di queste, la Labomar, è stata successivamente riammessa con un procedimento pubblicato sul sito a dicembre. Da qui in poi nessuna novità.
Mario Catania