La cannabis potrebbe essere utile nel trattamento del Long covid, che in soli due anni ha colpito oltre 17 milioni di persone in tutto il Vecchio Continente. Ecco che cosa si intende con “Long covid”, come la pianta può essere utile e lo studio in corso nel Regno Unito.
Che cos’è il Long covid
Dopo aver contratto il covid, alcune persone possono sperimentare conseguenze a lungo termine e a distanza di settimane o mesi dall’infezione: questi effetti collaterali sono noti come Long covid. I sintomi compaiono anche in soggetti che hanno contratto la malattia in forma lieve o asintomatica, rendendo quindi particolarmente difficile la diagnosi.
Soprattutto, queste conseguenze possono essere di diversa natura e spaziano dalla stanchezza cronica alla febbre ricorrente, dalla difficoltà respiratoria alla tosse, passando per dolore al petto, palpitazioni, difficoltà di concentrazione, mal di testa, problemi legati al sonno, alterazioni del gusto e dell'olfatto, vertigini, formicolii, problemi intestinali e di stomaco, dolore articolare, irritazioni e irregolarità del ciclo mestruale. Nei casi più gravi tra i sintomi compaiono anche squilibri ormonali, ansia e depressione.
“Per alcune persone, i sintomi di Long covid sono totalmente inaspettati, ma per altre è quasi come se il virus SARS CoV-2 innescasse condizioni latenti o problemi di salute a cui erano predisposte”, ha spiegato il Dottor Mikhail Kogan, della George Washington University.
In Europa, secondo le stime condivise dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno 17 milioni di persone hanno sperimentato il Long Covid nei primi due anni della pandemia, mentre moltissime altre potrebbero dover conviverci per gli anni a venire. Nel frattempo, negli Stati Uniti, a causa dell’impatto negativo sulla vita delle persone, della cronicità di alcune condizioni e della mancanza, attualmente, di veri e propri trattamenti, dal luglio 2021, il Long covid è considerata una disabilità a tutti gli effetti e rientra nell’Americans with Disabilities Act (ADA), la legge sui diritti civili che proibisce la discriminazione basata sulla disabilità.
A cosa è dovuto il Long Covid
Anche se gli studi sono ancora in corso, pare che una delle cause del Long covid risieda nell’interazione tra il virus e le cellule endoteliali, che hanno la funzione di rivestire l’interno delle pareti del cuore, dei vasi sanguigni e di quelli linfatici.
Queste cellule, infatti, presentano recettori dell’enzima di conversione dell'angiotensina 2 (ACE2), un tipo di proteina sul quale si attacca il Coronavirus, che può così viaggiare da una parte all’altra dell'organismo.
Le cellule endoteliali rappresentano inoltre una protezione verso l’esterno e ciò accade anche nel caso della barriera emato-encefalica del cervello: l’attacco da parte del Coronavirus provocherebbe, in questo contesto, la loro infiammazione, con conseguente gonfiore, danneggiamento e comparsa di lesioni cerebrali e declino cognitivo.
I benefici della cannabis contro il Long Covid
Grazie alle sue proprietà antinfiammatorie e alla sua capacità di alleviare i diversi sintomi, la cannabis potrebbe rivelarsi un’ottima alleata per contrastare le conseguenze del Long covid. “Quasi nessun paziente presenta sintomi isolati, ma piuttosto un insieme che varia da tre a cinque”, ha aggiunto il Dottor Kogan. “La cannabis è quasi l'unico trattamento a cui riesco a pensare che prende di mira tutti i sintomi. Se un paziente arriva con emicrania, insonnia, ansia e nausea, da una parte c’è l’utilizzo di quattro farmaci diversi, dall’altra la sola cannabis".
In particolare, i due alleati più potenti sarebbero in questi casi il cannabidiolo (CBD) e il cannabigerolo (CBG), due dei principali cannabinoidi presenti nella cannabis e nei prodotti medici full-spectrum derivati.
Lo studio in corso
A studiare un possibile trattamento è stato per primo l’NHS, il sistema sanitario britannico, che nel febbraio 2022 ha approvato uno dei primi studi scientifici a livello globale sull’efficacia della Cannabis contro il Long Covid. Lo studio, condotto dalla ONG Drug Science e del quale avevamo parlato anche nell’articolo dedicato, prevede la somministrazione ai pazienti di olio full-spectrum ad alto contenuto di CBD.
Attualmente, Drug Science ha concluso la seconda fase della ricerca. “È uno studio di fattibilità e siamo a metà percorso, quindi non posso condividere alcun risultato, ma quello che posso dire è che i pazienti sembrano rispondere abbastanza bene. Per ora nessuno lo ha abbandonato, il che è ottimo per uno studio di fattibilità”, ha spiegato il CEO di Drug Science David Badcock. “Ora abbiamo oltre 3mila pazienti che ci inviano i loro dati ogni mese. Quello che vediamo attraverso questi dati è che c'è un miglioramento statisticamente significativo nei risultati di salute delle persone da quando è stata prescritta la cannabis medica".
Si attendono quindi ulteriori sviluppi.
Martina Sgorlon